Triestina salva. E ora “pian pianin” si riveda la luce
Erano due anni e mezzo che non mettevo piede al “Nereo Rocco”. Troppi impegni concomitanti, ma aldilà di questo c’era anche un bel pizzico di delusione per le scellerate gestioni che hanno preceduto l’avvento del duo Milanese-Biasin. Mi sono profondamente rallegrato, appena ritornato nel tradizionale posto in curva Furlan che ho occupati per tanti anni di fila, di quanto poco sia bastato per ricreare calore e affetto anche in quelle tribune che per diversi mesi sono rimaste spoglie, incredibilmente ma giustamente fredde. E poco importa se si trattasse di una finale play-out per non retrocedere in Eccellenza. Il popolo rossoalabardato ha risposto, perché chi ha amato la squadra in un passato non troppo remoto e in categorie ben più nobili difficilmente si dimentica di questi colori. Sottoscritto compreso.
Tralascerò il contenuto tecnico della partita contro la Liventina: non voglio avventurarmi a dare un giudizio su una squadra che non conosco e di cui so poco o nulla, a livello di valori e caratteristiche degli effettivi a disposizione di mister Bordin. Certo, i palati prettamente “fini” si saranno magari pentiti di aver scelto di passare 120 minuti a Valmaura con pochissimo bel calcio giocato da ammirare, anziché distesi sul già torrido asfalto di Barcola o a riempirsi la pancia di formaggi e insaccati nelle osmize del Carso. Ma ciò che contava era esserci, per ridare un segnale di fiducia alla nuova proprietà. Soprattutto da parte di tutti quelli che – per N variabili diverse – nelle ultime stagioni si sono allontanati dal Rocco. E, con fatica immane, questa vituperata e scanzonata Unione ha avuto il cuore – prima che buoni piedi – per salvarsi da una retrocessione che sarebbe stata dolorosissima. In particolare perché proprio l’entusiasmo nuovamente innescatosi in questa domenica 22 maggio 2016 si sarebbe nuovamente consumato come un cerino.
Il pericolo è scampato. Ora si può programmare il futuro, con un briciolo di tranquillità in più. E’ giusto pensare a progetti di rinascita, a un impegnativo percorso che permetta all’Alabarda di tornare dove le compete. Ma non dimentichiamoci mai che per rinascere lo si può fare solamente “Pian pianin“. Sì, permettetemi di usare proprio il piccolo tormentone lanciato da Biasin, perché non c’è davvero bisogno d’altro in questo momento. Il popolo che tifa Triestina è stato defraudato troppe volte nel recente passato. Ha sofferto troppo spesso per quanto succedeva fuori dal manto erboso e all’interno di aule di tribunale. Insomma, il cuore alabardato ora merita ben altro: le basi ci sono, così come la volontà di rialzare la testa non solamente con parole pompose e al tempo stesso empie.
Ci sarà bisogno di tempo, poiché i buoni risultati li ottieni unicamente da una buona programmazione: rivedremo la luce, certamente, ma per quanto mi riguarda – e anche per buona parte di voi, che mi leggete – anche senza fretta. Appunto, “Pian pianin”.
(credits foto: Triestefototifo)
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