Trieste, ora trasforma i veleni in forza
C’è sicuramente un’analisi squisitamente sportiva da fare nel post gara-4 tra Fortitudo e Trieste. E un’altra – forse più importante – su tutto ciò che stiamo vedendo di contorno in queste semifinali. Senza dover necessariamente ricorrere a piagnistei di vario tipo, ma sulla base di fatti concreti.
Partiamo da una certezza: una manciata di ore fa l’Alma è andata così tanto vicina da scoperchiare il tetto del Paladozza nella quarta sfida play-off. Non averlo fatto porta di certo alla consapevolezza che queste dannate trasferte di stagione siano spesso state dei veri e propri incubi. Ma mettiamo da parte quella tripla di Candi che, in versione Freddy Krueger, a 10” dalla fine ha fatto male, malissimo alla truppa biancorossa. Perché in fondo, in questi giorni e in particolar modo proprio negli istanti successivi al 2-2 conquistato da Bologna nella serie, c’è parecchio altro su cui discutere. Qualcosa di variopinto da una parte e di tremendamente…indigesto dall’altra.
Le tensostrutture da erigere allo stadio Dall’Ara in caso di derby tutto felsineo, come suggestiva ipotesi in caso le due bolognesi si incontrino in finale, è la tematica che aveva aperto una sorta di mini-stagione dei “punti interrogativi” su cui si è a lungo discusso nell’ambiente sportivo locale: tempistiche sbagliate e inopportune, si era detto a gran voce e in primissima battuta. Poi, sul provvisorio 2-0 biancorosso, sono arrivati i (legittimi, ci mancherebbe altro) palinsesti pre-impostati da Sky sulle eventuali gare-4 e 5, con tanto di descrizione sicura e certa su risultati positivi inanellati dalla Fortitudo (e quello è un primo “scivolone” che non ti aspetti di vedere). Poi ancora, l’infelice grafica di Lega Nazionale Pallacanestro che ieri sera – per un’abbondante mezz’ora – sul proprio sito ufficiale indicava la Kontatto già in finale con la Virtus. Infine, quell’invasione di campo collettiva su sponda fortitudina, con le…carezze in diretta rifilate sul parquet a Cavaliero e Pecile da parte di un individuo che probabilmente è solito fare questo tipo di cose anche salendo i gradini di casa, spintonando le vecchiette del condominio in cui vive.
In attesa di vedere se, sull’ultimo punto appena sviscerato, arriverà qualcosa da parte del giudice sportivo (aggiornamento: confermata la squalifica del campo per due giornate, NdSandro), in ambito social si è parlato e si continua a parlare di climi intimidatori e di finali già scritte. Di “disegni” ormai ben tracciati che non prevedono Trieste nell’ultimo capitolo dei play-off di serie A2, nonché di pesi e misure diametralmente opposti nel giudizio di quanto accade dentro e fuori dal campo.
L’Alma ora ha due strade davanti a sé: la prima è quella di arrendersi e dare per scontato che tutto finirà nel peggiore dei modi, con il punto decisivo conquistato dalla “F” e con un “Grazie ragazzi” a risuonare anzitempo e a chiudere la stagione con un retrogusto ben lontano dall’essere dolce. La seconda è quella di prendere per le corna tutti questi veleni e trasformarli in energia positiva. La stessa energia che un’intera città – giovedì sera a Valmaura – è chiamata a sprigionare in ogni suo singolo supporter. Quella che la Trieste che ama il basket deve essere pronta a mettere sulle tribune, ben prima della palla a due.
Diciamoci la verità: la vittoria nella “bella” diventerebbe la più dolce delle vendette – e sul piano piacevolmente e unicamente sportivo – da poter gustare. Ecco perché vale la pena continuare a lottare tutti assieme, in un’Alma Arena che diventi la bolgia dantesca dove da sette mesi a questa parte nessuna squadra avversaria è uscita dal parquet con le braccia alzate in segno di vittoria. E perché, sino a prova contraria, nulla è ancora realmente scritto: spiegarlo per bene in diretta a tutta Italia, con la carica dei 7.000, diventa la cosa fondamentale che ogni vero tifoso di Trieste è chiamato a fare.
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