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C’è un brutto vizio, nel modo in cui molto spesso si giudicano le cose: il fatto di partire prevenuti. Questo è il quasi inconcepibile peccato originale che ha accompagnato Paolo Sorrentino nelle settimane che hanno preceduto la prima stagione di “The Young Pope”. «Ma chi, quello de “La grande bellezza”? Quel film pesantissimo che non si sa come abbia vinto un premio Oscar?». Sì, proprio lui. Abile a ripetersi ancora una volta – e crediamo in maniera forse maggiormente roboante, rispetto alla sua pellicola del 2013 – con la storia su Pio XIII, conclusasi da poco su Sky Atlantic.

Partiamo subito da un presupposto bello chiaro: con “The Young Pope” non ci si ritrova davanti a un fantomatico mappazzone come (ancora una volta, in maniera ingiustificata) si è stati soliti definire il film più importante e conosciuto del regista del Vomero. Per tutti gli scettici, lo si capisce sin dai primi istanti della serie.  Perché c’è irriverenza, sarcasmo, voglia di rompere gli schemi: variabili abilmente shakerate, servite in un ambito dove non c’è il timore di essere dissacranti nel parlare di una Chiesa diversa. Ovvero quella che Lenny Belardo (interpretato da Jude Law) ha in mente di erigere nel corso del pontificato che lo vedrà protagonista. Un Papa nuovo, scelto da un conclave con un Deus Ex Machina come il cardinale Voiello (il nostro Silvio Orlando) che mescola gli “affari” da segretario di Stato alla sua fede incrollabile – forse anche più forte di quella verso il Signore – come tifoso del Napoli. Un pontefice giovane, fresco, in grado di dare maggior visibilità e lustro a un Vaticano caduto in depressione per bassa popolarità: almeno, questo è nei piani dei porporati. La realtà si rivelerà diametralmente opposta, con un “figliol prodigo” come successore di Pietro a divenire un problema più che una risorsa. Il classico sassolino in grado di incrinare i delicati e complessi ingranaggi della Chiesa di Roma.

“The Young Pope”, a nostro avviso, si dimostra un piccolo capolavoro. Sarà per gli attori (tra l’altro, ci siamo dimenticati di nominare Diane Keaton…), per una sceneggiatura o per una fotografia esemplare. Ma forse c’è qualcosa di più. E’ una serie tv in grado semplicemente di rapire, grazie alla personalità di ogni singolo personaggio. Ma parlare solamente di Pio XIII (e della bravura di Law) sarebbe sbagliato, perché il protagonista assoluto è solamente la punta dell’iceberg di una fiction quasi ricamata a mano, in maniera maniacale. Che, a pari passo con “Gomorra”, ancora una volta dimostra che il detto “Italians do it better” è straordinariamente vero, per quanto visto negli ultimi tempi sul piccolo schermo.

L’unica pecca? Le “sole” dieci puntate della prima stagione. Ma rallegriamoci: ci sarà quasi sicuramente un capitolo 2, con le riprese che dovrebbero iniziare nel 2018. Perché in fin dei conti, di Lenny ci siamo un po’ tutti innamorati per abbandonarlo così presto, no?

VOTO SANDRINO: 8,5

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Riversare sul piccolo schermo un best-seller assoluto come quello di Roberto Saviano, un romanzo da più di due milioni di copie vendute solo in Italia, era la più naturale conseguenza dovuta al successo mondiale di “Gomorra”. Ma trasposizioni di questo tipo rischiano, a volte, di collimare su se stesse. Proprio sulle stesse fortune che hanno portato un’idea editoriale coraggiosa – come quella di Saviano, che di fatto ne ha profondamente cambiato l’esistenza – a essere un fenomeno planetario: “Gomorra – la serie” non corre affatto questo rischio.

In una Napoli dei giorni nostri, descritta e raffigurata a tinte fortissime, la guerra tra il clan di Salvatore Conte (Marco Palvetti) e di quello dei Savastano, comandato dal boss Pietro (interpretato da Fortunato Cerlino) subisce un sussulto quando quest’ultimo finisce in carcere e forzatamente è costretto a passare lo scettro agli altri componenti della propria famiglia. La moglie Imma (Maria Pia Calzone) e il figlio Genny (Salvatore Esposito) saranno a loro volta gli artefici di un cambiamento che porterà a pericolosi dissidi interni, tra tutti quello di Ciro Di Marzio (Marco D’Amore), fidato braccio destro di Pietro Savastano che diventerà la miccia per una nuova, tremenda guerra tra bande rivali.

“Gomorra – la serie” (trasmessa da Sky Atlantic, prossimamente in chiaro su LA7 e venduta già a una cinquantina abbondante di paesi stranieri) non ha bisogno di paraventi per nascondere la violenza e la crudezza con cui le tematiche vengono trattate. Stefano Sollima, Francesca Comencini e Claudio Cupellini – i tre registi che si sono alternati dietro la macchina da presa – hanno dipinto i singoli protagonisti e personaggi per quello che sono, senza stereotipi: di fatto, non c’è spazio nemmeno per una briciola di buonismo o di umanità. Non esistono amicizie o affetti di alcun tipo: esiste solo la ferma e incontrovertibile lealtà per il proprio clan, nulla altro.

Il “pugno allo stomaco” che arriva allo spettatore è di quelli forti: l’identikit del capoluogo partenopeo e dei suoi angoli più oscuri è quello che gli autori stessi hanno volutamente conservare nei confronti della fredda realtà. Sia nel libro di Saviano che nella serie TV, non c’è spazio per romanticismi o prese di posizione su eventuali elementi “benevoli”: semmai, proprio l’esatto contrario. Il che non vuol dire che il tutto sia solo per confermare l’idea dell’immaginario collettivo di un mondo che conosce Napoli solo per la Camorra (e che, a detta di molti detrattori, è l’unico vero senso della serie). Ma di farlo senza censura, per quello che realmente è: non per idolatrare puramente la criminalità organizzata, ma per descriverne i comportamenti e le azioni che percuotono le fondamenta di un intero sistema.

Doveva essere un capolavoro preannunciato e lo è diventato, puntata dopo puntata: “Gomorra – la serie”, acclamato ben prima della messa in onda, convince su tutti i fronti. Il sospiro di sollievo, da parte di chi ha seguito i primi 12 episodi, arriva al termine della prima stagione: ce ne sarà una seconda, già in lavorazione. Un motivo in più perché il piccolo “mito” di questa produzione made-in-Italy possa essere ancora ammirato. Sperabilmente molto a lungo.

 Voto Sandrino:  9.5

Stagione: 1
Episodi: 12
Anno: 2014
Canale Trasmesso: Sky Atlantic (Satellite)
Interpreti: Marco D’Amore, Fortunato Cerlino, Maria Pia Calzone, Salvatore Esposito, Marco Palvetti

httpvh://www.youtube.com/watch?v=FsMnW43n3AI

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