categoria triestina

La zona Cesarini, ancora una volta, ha regalato una gioia da ricordare ai ragazzi di Attilio Tesser. Come scrive oggi Guido Roberti su “Il Piccolo”, l’allenatore veneto, nella sala stampa vercellese, complessivamente ha promosso pienamente i suoi giocatori: «Nel primo tempo abbiamo creato tanto contro un’ottima squadra, se non punisci l’avversario in questi casi qualcosa rischi e così hanno pareggiato. Però abbiamo giocato con tanta qualità, con buona personalità e sviluppato tante situazioni. Ci siamo difesi con ordine contro un squadra che attacca in massa e gioca bene. Il secondo tempo è stato più equilibrato, ma non siamo mai stati rinunciatari. Alla fine ci è andata bene, con quel pizzico di buona sorte, ma con merito. Leggo a volte di altre che vincono meritatamente da noi: ho tanti dubbi su quel meritatamente».
Una parola su alcuni singoli: Petrasso, Lescano, Fofana.
«Rispondo anche sui singoli ma abbiamo giocato da squadra e questo conta. La prestazione di Petrasso è stata decisamente positiva, si è proposto ed aveva sul suo lato un giocatore forte come Mustacchio. Ha spinto e difeso bene, con ordine e buona qualità tattica: sono molto contento della sua prestazione, c’era curiosità nel vederlo in gara ufficiale. Su Lescano fa da punto di riferimento davanti, deve salire un po’ di condizione ma ha fatto reparto per 90 minuti, ha saputo muoversi e tirato tre-quattro volte in porta. Sono contento della sua prestazione. Fofana interno aveva già giocato, deve migliorare un po’ il senso della posizione. Ho scelto lui perché si allena bene, sempre attento, mentre Pierobon probabilmente è in uscita: la valutazione era su chi mentalmente potesse darmi qualcosa in più».
Correia stavolta sembrava un po’ più giù di corda ma lo ha tenuto in campo fino alla fine.
«Io lo vorrei tenere sottotono così sempre, mi va bene lo stesso» rivela con sottile ironia Tesser, il quale chiude con una riflessione ad ampio respiro sulla bella gara in Piemonte.
«È stata una bella partita per la categoria, con intensità, accelerazioni e giocate a viso aperto. Il terreno incide, velocizza molto il gioco nell’esecuzione, le squadre sono state dinamiche ed i miei centrocampisti molto aggressivi davanti. Come la Pro Vercelli con le fasce laterali e le costanti sovrapposizioni degli esterni”.
Per gli annali della storia, intanto, il tecnico di Montebelluna eguaglia Cristian Bucchi con 8 vittorie in trasferta in una stagione: un record.

– Partiamo dall’unica nota parzialmente positiva di una serata cividalese tutta da dimenticare. Come scrive oggi Roberto Degrassi, Michele Ruzzier ha riportato una distorsione a una caviglia ma non si aggiungerà a Justin Reyes nella lista degli infortunati a lungo. Molto probabilmente il play verrà tenuto precauzionalmente a riposo mercoledì nella gara di recupero casalingo con Chiusi ma poi dovrebbe essere abile e arruolato.

ATTEGGIAMENTO L’impressione è che la sconfitta di Cividale non potrà venir liquidata come un incidente di percorso. A Bologna Trieste ha perso contro una squadra che finora si è dimostrata la più forte del girone, a Udine è caduta nel finale commettendo molti errori ma a Cividale ha toppato completamente. Non ha dimostrato capacità di reagire al ko nel derby con Udine nè all’assenza di Reyes, non sono state trovate soluzioni tecniche per tamponare la mancanza del portoricano ma c’è qualcosa ancora più grave che è emerso. Trieste si è lasciata sopraffare, ha subito passivamente la carica di un avversario che si è esaltato con il passare dei minuti, non ha fatto una piega mentre una squadra tecnicamente inferiore si metteva a cercare “numeri”, l’atteggiamento del corpo era lo specchio della disfatta. Le espressioni ricordavano purtroppo quelle viste al PalaPentassuglia brindisino otto mesi fa.
Coach Christian ha enormi responsabilità e dimostra di non saper cambiare registro o dare alternative al gioco monocorde dei tentativi da tre. Sei sconfitte in 19 partite, quasi un terzo. Non è un passo da squadra che vale la promozione. A Cividale però anche i giocatori ci hanno messo del loro. Oppure ai biancorossi sul parquet va bene che Dell’Agnello banchetti sotto canestro, che Rota la metta da otto metri di prepotenza, che la Gesteco si involi a 25 punti di vantaggio?
L’assenza di Reyes nel tracollo a Cividale ha tolto gli alibi a tutti e su tutto. Dalla panchina al campo. Si pensava che chi finora era stato più sacrificato nel minutaggio ora con più spazio potesse rialzare testa e voce. Trenta minuti per Campogrande e 2 su 9 dal campo. Discontinuo. Ancora. E almeno questa non può essere colpa di Christian visto che il rendimento ondivago dell’esterno ha accompagnato anche le gestioni Ciani e Legovich. Sedici minuti per Ferrero, con 3 punti e accoppiamenti difensivi azzardati. Bossi 5 minuti in valutazione negativa, però non meritava l’umiliazione di essere buttato dentro nei secondi finali. Contro mezzi lunghi Candussi poteva fare la differenza, 0 su 3 da sotto e quattro tentativi da tre di cui non si avvertiva il bisogno. E si può andare avanti così risparmiando in fondo il solo Eli Brooks che a sbattersi ci ha provato, ha strappato pure sette carambole ma se dopo due falli viene dimenticato dall’allenatore in panchina non è mica responsabilità dell’ex Michigan…
«DELUSIONE» Nel dopopartita è successo qualcosa di insolito. Dopo mesi di zuccherosi, stucchevoli “I love this team”, Christian in sala stampa si è dichiarato deluso. Parole che confermavano l’espressione al quarantesimo minuto, in disparte dai giocatori. Non ha fatto nomi ma, escluso Brooks e considerando che Ruzzier è uscito infortunato nel terzo quarto, si può pescare nel mucchio tra chi resta. La ripresa della preparazione sarà meno zuccherosa del solito ed è arrivato il momento di un confronto anche schietto e brutale. Il coach si dice deluso di alcuni giocatori ma pare che il sentimento sia ricambiato e da qualcuno sarebbero state esplicitate alla dirigenza nelle scorse settimane perplessità sulle originali metodologie di allenamento.
Intendiamoci, per vincere non serve eterno amore. Anzi. Alla fine contano i fatti. I valori. Le parole stanno a zero. Dovrebbero saperlo anche negli Usa visto che l’anedottica di cicli vincenti nella Nba è piena di squadre fatte di rapporti tormentati, divisioni, insofferenze. A Trieste in almeno un’occasione, durante l’era dalmassoniana, il giocattolo fu sul punto di sfaldarsi ma furono i giocatori stessi con un patto nello spogliatoio, in autonomia, a trovare una linea comune e a decidere che il traguardo finale era più importante di tutto. Il tracollo in Coppa Italia nella stagione della promozione se avesse avuto protagonisti diversi rispetto ai quattro dell’Ave Maria e gli altri avrebbe potuto essere un punto di non ritorno. E invece…C’erano i giocatori giusti ma soprattutto le personalità.
MERCATO Reyes mancherà ancora sino a fase a orologio iniziata. Trieste non può aspettare i piccoli passi, i dettagli, le lezioni da recepire dopo le sconfitte. Avanti con idee chiare, nette. Confronti. Scelte. Il gm Arcieri nel dopopartita ha parlato di antenne dritte sul mercato. D’accordo, non ha senso prendere un panchinaro tanto per. Il poco che offre la scena attuale tra qualche settimana però sarà più ricco, le squadre deluse dell’A1 cambieranno stranieri, magari pescando Usa che la scorsa estate avevano preferito ingaggi in leghe minori ma iscritte alle coppe e che ora, dopo le eliminazioni, cercano un’altra vetrina strappando altri soldi. Stranieri più forti eguale meno spazio per gli italiani. Ecco quindi che gli italiani da 10-12 minuti attuali potrebbero tra un mese non vedere più il campo. Già succede a Woldentensae (che comunque sino a fine gennaio non si muove da Varese), potrebbe accadere anche ai vari Lombardi (il top di una possibile lista), Treier, Eboua. Anche il mercato presuppone una scelta. Tentare l’all in investendo su uno o due italiani di peso per provarci davvero nei play-off o non agire? La proprietà non ha mai nascosto le ambizioni. Se c’è qualche mossa da fare meglio tentarla ora. Se il prossimo anno fosse ancora A2 i costi sarebbero pesanti, si ripartirebbe da zero non potendo riproporre un nucleo reduce da una retrocessione e da un flop.
(credits ph. Triestina Calcio)
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In questi giorni si sta parlando – come logico che sia – prevalentemente di basket giocato, con l’Alma sin qui quasi perfetta nella serie contro Treviglio. Ma anche il calcio e la Triestina meritano una nota di merito, per un’interessante iniziativa che andrà in scena domenica 7 maggio in occasione del match contro la Virtus Vecomp.

Leggete un po’ qua sotto, direttamente da quanto comunicato dalla società rossoalabardata:

Quella di domenica sarà l’ultima partita di campionato dell’U.S. Triestina Calcio 1918. Sarà anche l’ultima interamente gestita dalla società rossoalabardata, perché gli incontri di play-off saranno coordinati direttamente dalla Lega Nazionale Dilettanti.

L’U.S. Triestina Calcio 1918, pertanto, coglie l’occasione per invitare i più piccoli a partecipare numerosi all’incontro fra Triestina e Virtus Vecomp con una promozione a loro dedicata. 
Saranno invitate, infatti, tutte e 14 le scuole venute in visita allo stadio durante l’anno unitamente ai giovani delle squadre dilettantistiche della Provincia, ma non basta. 

Domenica qualsiasi under 14 potrà recarsi allo stadio gratuitamente e ai due accompagnatori sarà riservato un prezzo speciale: il primo accompagnatore entrerà allo stadio, Curva o Tribuna, con un tagliando Cortesia, mentre il secondo accompagnatore potrà accedervi con un tagliando ridotto.

Riepilogando:

1 UNDER 14 + 1 ACCOMPAGNATORE: UN TAGLIANDO CORTESIA (1€ CURVA/2€ TRIBUNA)
1 UNDER 14 + 2 ACCOMPAGNATORI: UN TAGLIANDO CORTESIA + UN TAGLIANDO RIDOTTO (TOT. 9€ CURVA/ 15€ TRIBUNA)

Si ricorda inoltre che prima, durante e dopo la partita, sia in Curva che in Tribuna sarà presente un banchetto informativo dove si potranno ricevere informazioni sul primo Camp Alabardato che si terrà nella seconda, terza e quarta settimana di giugno.

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Anche l’Unione avrà il proprio camp estivo: la notizia arriva direttamente dalla società rosso-alabardata, che ha da poco comunicato l’apertura ufficiale delle iscrizioni al “Triestina Camp“, in programma allo stadio Nereo Rocco nel prossimo mese di giugno.

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Un nuovo appuntamento settimanale calcherà d’ora in avanti le pagine di questo blog: andremo infatti a tastare il polso delle nostre principali squadre locali, all’indomani di quanto accaduto in campo, sul parquet o in vasca. E iniziamo dal week-end appena trascorso…

ALMA PALLACANESTRO TRIESTE: Sereno -> Scordatevi tutti i mugugni per un’eventuale prova mediocre contro l’ultima della classe. E notate la classifica, dove c’è la possibilità di guardare (quasi) tutti dall’alto verso il basso, allo stesso modo con cui si ammira la nostra splendida città da Monte Grisa (o da luogo sopraelevato analogo, logicamente).

Treviso perde, Trieste e Bologna vincono: c’è provvisoriamente un trio a comandare il girone Est di serie A2. Logicamente a noi interessa il discorso Alma che, al netto di qualche nota stonata (sul discorso Green e della sua “virgola” a referto, potrebbe banalmente non essere sceso dal bus…), riprende la marcia dopo lo stop di Ravenna. E se giocando “malino” si continua comunque a vincere (a proposito, statua equestre per Jordan Parks dopo il trentello di ieri, forse il segnale più importante che “Picasso” ha serie intenzioni di tornare a ritagliarsi un ruolo di protagonista come nella passata stagione), immaginatevi quando la Pallacanestro Trieste sarà in grado di avere tutti i propri effettivi alla massima potenza, stile Super-Sayan di quarto livello…

TRIESTINA: Sereno -> Per certi versi possiamo prendere in prestito quanto scritto qualche riga qui sopra, relativamente al basket. A Noale l’Unione soffre, vince al 90° (altra statua equestre settimanale, stavolta a Bradaschia) ma soprattutto per una volta sorride delle disgrazie altrui: la corazzata Mestre dimostra che la legge dei grandi numeri vale anche per lei, naufragando a Este e riducendo il proprio margine sui rosso-alabardati a 7 punti.

Sono ancora tanti – tantissimi – per dire che il campionato sia realmente riaperto. Ma forse (forse!) la Triestina ha una piccola alleata in più: la pressione che di fatto potrebbe subentrare sulle spalle della prima della classe. Continuare il proprio campionato, fare il maggior numero di punti possibili e arrivare allo scontro diretto di metà aprile magari con qualche piccola cartuccia ancora da sparare per la vetta: “this is the way“.

PRINCIPE PALLAMANO TRIESTE: Sereno -> Mantenere il terzo posto e tenere ancora a distanza di sicurezza il lanciatissimo Merano: “Vise” e soci fanno il loro dovere anche ad Appiano, mantengono immutato il +3 sugli altoatesini e possono prepararsi al big-match di sabato contro Bolzano nel miglior modo possibile.

Servirà certamente una piccola impresa con i vice-campioni d’Italia, ecco perché la variabile “Chiarbola” potrebbe fare tutta la differenza del mondo per il team di Hrvatin. Scaldare le mani e alzare la voce lo si può fare anche dalle parti di via Visinada, non solo nel rione di Valmaura.

PALLANUOTO TRIESTE: Pioggia -> Che peccato contro la Vis Nova: sarebbe bastato un po’ di attenzione in più nei particolari e la trasferta romana si sarebbe trasformata in qualcosa di estremamente positivo. La rincorsa alle Final-Six subisce una rallentata, complice una serie infinita di errori in vasca: l’ultimo posto utile continua a distare cinque punti, un gap tutto sommato non troppo pesante e recuperabile. A patto di non ripetere la prova dell’ultimo week-end, logicamente. Ma, conoscendo coach Stefano Piccardo, non si lascerà davvero nulla al caso.

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Gli utenti del nostro forum si stanno sbizzarrendo a formulare i voti ai singoli giocatori della Triestina, al termine del girone di andata di serie D 2016/17 che vede attualmente gli alabardati al secondo posto in classifica.

Se ne parla al link http://bit.ly/pagellealabardate. E se siete utenti registrati, potete dire e scrivere la vostra! 😉 

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E’ davvero passata un’eternità, da quel 9 giugno 2002. Di giocatori, di presidenti (molti di questi, purtroppo, che avremmo poi successivamente maledetto per aver superato il Lisert e aver messo le tende dalle parti di Valmaura), di situazioni “emozionanti” per le innumerevoli volte che la Triestina è passata alle cronache nazionali più sul lato giudiziario che su quello sportivo: niente, ma proprio niente, è rimasto tale e quale da allora.

Quella giornata – per chi come il sottoscritto l’ha vissuta “Live” – sarà per sempre indimenticabile. E non semplicemente per il risultato sportivo, per la conquista di una B che avremmo poi mantenuto per una decina di stagioni sino a crollare nuovamente in categorie infime. No: quel 9 giugno, per i tifosi alabardati, per chi iniziò a seguire quella squadra solamente da una già epica sfida di semifinale contro lo Spezia, porta ancora in grembo ricordi straordinari. Per ognuno di noi che quella maglia la continua ad amare ancora oggi, senza il bisogno di essere nella seconda serie nazionale o di seguire la più scellerata delle mode di salire sul carro dei vincitori solamente quando le cose vanno bene.

Ricordo personalmente, a chiare tinte, come un allora ventiquattrenne Sandro e il suo gruppetto di amici si preparò a quell’evento. Tutto questo già nell’immediato post-partita di andata di sette giorni prima, quando il 2-0 targato dalla doppietta di Eder Baù diventò l’apripista per una settimana di grande attesa e aspettative. “Dai, è fatta!” mi disse la mia vicina di casa, incrociandola sul portone di casa quando tornai dal “Rocco”. “Non abbiamo ancora fatto niente” le risposi: subito dopo, accesi il televisore e ascoltai le stesse, medesime parole pronunciate nel dopo gara da Nicola Princivalli. Era perfettamente lampante: per conquistare la B c’era un’altra battaglia davanti a noi prima di poter festeggiare: non servì essere profeti per azzeccare pienamente quella previsione.

Ci preparammo alla grande per quella trasferta. La sera prima del grande giorno, nel mio garage, eravamo in quattro a creare e ricamare un assurdo striscione da portare a Lucca: “Fulminadi e petesoni presenti” recitava quel lenzuolo mezzo sudicio, che poi provvedemmo a esporre davanti alla scuola elementare “Ruggero Manna” di via S.Anastasio a poche ore dalla partenza, quasi speranzosi che qualche passante lo notasse. Era incredibile: si poteva essere orgogliosamente felici di un aver fatto qualcosa che qualcuno poteva definire un’idiozia? Sorridemmo, perché in cuor nostro sapevamo che in futuro non ci sarebbero state occasioni più adatte di quella, da vivere con così tanta passione.

Qualche ora dopo ci radunammo molto presto a Valmaura: i torpedoni rosso-alabardati erano pronti per partire. Finimmo in un pullman pieno zeppo di…umoristi. “Go appena magnado una brioche con la senape” fu la primissima frase che alle 7 del mattino sentimmo pronunciare da quelli che sarebbero stati i nostri compagni di viaggio. Non fu difficile capire che il tragitto per percorrere quei 453 km che ci separavano dallo stadio “Porta Elisa” sarebbe stato speciale e già indimenticabile di suo. “Ciò muli, sentì questa!”: quante volte udimmo quelle parole, dette da chi seduto un paio di posti più avanti a noi raccontò a raffica una serie infinita di barzellette più o meno sconce! Fu un modo per stemperare quella che per molti di noi fu la più grande attesa sportiva della propria vita.

Arrivati finalmente a Lucca, controllati all’entrata da un carabiniere che legge il nostro striscione e curiosamente ci chiede “Cosa significa “fulmidadi e petesoni”?”, entriamo nello spicchio di curva riservato ai tifosi alabardati. Fu immediatamente palese che – qualsiasi risultato si sarebbe poi materializzato – ce ne saremmo andati da lì fisicamente distrutti. Eravamo in tremila triestini al seguito della squadra: ancora oggi credo che chiunque fosse lì, vestito di rosso, non si sarebbe minimamente risparmiato per consumare tutta la voce in suo possesso.

Il clima che si respirava fu dir poco indescrivibile, per rumore e per colore. Si parte e siamo ben presto sotto di un gol, il successivo inserimento centrale con relativa rete di Loris Delnevo ci regala la prima gioia di quella giornata, sull’1-1. Ci rallegriamo un po’ tutti, per la prima volta quasi ci illudiamo che le cose si sarebbero potuto mettere in discesa. E naturalmente non sarà affatto così.

Allo scadere del primo tempo Marianini ci infila per la seconda volta di fila in 45 minuti: “Cazzo, troppo presto è arrivato il 2-1”, dico a chi mi è accanto. Arriva la fine della prima frazione e per la prima volta ci sediamo tutti, per riprendere fiato. Sentiamo i tifosi avversari sempre più galvanizzati, ma in curva non si molla di un centimetro anche sul 3-1 dello spauracchio Carruezzo: il suo “maledetto” colpo di testa a battere Pagotto proiettava in quel momento la Lucchese in serie B. Stacco un attimo il cervello, seguo il resto dei tempi regolamentari quasi come un automa: l’adrenalina mi annebbia la mente, immagino di non essere l’unico a sentirmi in quella maniera.

Arriviamo al 90′, con quel risultato c’è bisogno dei tempi supplementari: mi guardo attorno, vedo gente impaurita intorno a me. La sensazione che la beffa possa arrivare immediatamente dopo è palpabile. Passano 60” ed è rigore per i nostri avversari: in uno scatto d’ira, getto a terra la bandiera che avevo in mano: è il primo vero momento di sconforto di quel pomeriggio, sembra l’inizio di un incubo. Credo che mai nella mia vita ripeterò nuovamente la tonnellata di “macumbe” rivolte a Carruezzo, pronto a piantarci un palo di frassino nel cuore direttamente dagli 11 metri: l’attaccante della Lucchese è abile a spiazzare Pagotto, ma il palo respinge il pallone. In un micro-secondo riprendiamo tutti abbondantemente colore nel nostro settore di curva: è il segnale che non è finita. Una ventina di minuti più tardi rivediamo la luce: fallo di mano di un difensore toscano nella propria area, stavolta il rigore è per noi. Mi sveglio definitivamente dal torpore, vedo Gennari andare sul dischetto del penalty: nei trenta secondi che precedono il suo tiro, cala un silenzio spettrale. C’è chi, tra i miei “vicini di banco”, ha gli occhi sbarrati; il mio amico Nicola non guarda nemmeno Manolo prendere la rincorsa. Io sono là, impietrito, a seguire l’esecuzione istante per istante.

E’ gol, è gol! Ora che ci ripenso: non ho mai urlato tanto in vita mia per quel 3-2. C’è gente che si abbraccia davanti a me, chi esulta come se fosse l’ultima cosa da fare nella propria vita. E c’è chi, come il sottoscritto, che inizia ad avere i lucciconi agli occhi: un mese prima se n’era andato mio nonno, che amava il calcio e in particolar modo l’Alabarda. Il giorno dell’ultimo saluto gli sistemai una sciarpa della Triestina tra le mani: era il regalo di un nipote a ringraziare colui che lo aveva accompagnato al “Grezar” e al “Rocco” per tanti anni. Ancora oggi faccio fatica a ricordare quel mio gesto senza farmi pervadere da un filo di tristezza. E, rileggendo ciò che appena scritto, a stento trattengo qualche dannata lacrima che vuole rigarmi il volto.

La fine della partita si avvicina sempre più, segna Ciullo ed è il definitivo 3-3: scoppio fragorosamente a piangere, non ce la faccio proprio a trattenermi. C’è Chiara, la mia migliore amica, che mi vede ed esclama “Sandrin…tuo nonno…“, guardando il cielo. Lo aveva capito subito: quella partita, quel gol, aveva davvero un sapore particolare. E per me, quel momento era tutto. Non so se ci fosse stato qualcun’altro – di quei tremila triestini al seguito – che si portava dietro lo stesso tipo di emozione del sottoscritto: so solo che riuscii a godermelo a lungo, anche risalito sul pullman, completamente senza un briciolo di voce, a tal punto da non riuscire a intonare neppure una strofa dei canti di gioia scanditi dagli altri compagni di viaggio.

Il ritorno a casa, la sosta all’Autogrill dove incrociamo Amilcare Berti e l’allora d.s. Bepi Galtarossa che vengono abbracciati da qualsiasi tifoso alabardato nei paraggi, l’arrivo in Piazza Unità dove la festa biancorossa è già iniziata da ore. Indimenticabile sì, quel 9 giugno 2002. Perché divenne un punto di svolta per quella Triestina, che il campionato successivo avrebbe poi sfiorato la promozione in A. Ecco perché, a 14 anni di distanza e con tanta acqua passata sotto i ponti, i ricordi riaffiorano ancora nitidissimi.

Ancora oggi mi chiedo: sarò mai in grado di emozionarmi ancora così, per una “semplice” partita di pallone? Mi auguro di farlo, sicuramente. Però, senza vergogna alcuna, tra gli “Eroi di Lucca” che conquistarono sul campo la serie B, ho il profondo orgoglio di esserci stato anch’io, in mezzo a loro.

(immagine tratta dal sito UTS1976.com)

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Erano due anni e mezzo che non mettevo piede al “Nereo Rocco”. Troppi impegni concomitanti, ma aldilà di questo c’era anche un bel pizzico di delusione per le scellerate gestioni che hanno preceduto l’avvento del duo Milanese-Biasin. Mi sono profondamente rallegrato, appena ritornato nel tradizionale posto in curva Furlan che ho occupati per tanti anni di fila, di quanto poco sia bastato per ricreare calore e affetto anche in quelle tribune che per diversi mesi sono rimaste spoglie, incredibilmente ma giustamente fredde. E poco importa se si trattasse di una finale play-out per non retrocedere in Eccellenza. Il popolo rossoalabardato ha risposto, perché chi ha amato la squadra in un passato non troppo remoto e in categorie ben più nobili difficilmente si dimentica di questi colori. Sottoscritto compreso.

Tralascerò il contenuto tecnico della partita contro la Liventina: non voglio avventurarmi a dare un giudizio su una squadra che non conosco e di cui so poco o nulla, a livello di valori e caratteristiche degli effettivi a disposizione di mister Bordin. Certo, i palati prettamente “fini” si saranno magari pentiti di aver scelto di passare 120 minuti a Valmaura con pochissimo bel calcio giocato da ammirare, anziché distesi sul già torrido asfalto di Barcola o a riempirsi la pancia di formaggi e insaccati nelle osmize del Carso. Ma ciò che contava era esserci, per ridare un segnale di fiducia alla nuova proprietà. Soprattutto da parte di tutti quelli che – per N variabili diverse – nelle ultime stagioni si sono allontanati dal Rocco. E, con fatica immane, questa vituperata e scanzonata Unione ha avuto il cuore – prima che buoni piedi – per salvarsi da una retrocessione che sarebbe stata dolorosissima. In particolare perché proprio l’entusiasmo nuovamente innescatosi in questa domenica 22 maggio 2016 si sarebbe nuovamente consumato come un cerino.

Il pericolo è scampato. Ora si può programmare il futuro, con un briciolo di tranquillità in più. E’ giusto pensare a progetti di rinascita, a un impegnativo percorso che permetta all’Alabarda di tornare dove le compete. Ma non dimentichiamoci mai che per rinascere lo si può fare solamente “Pian pianin“. Sì, permettetemi di usare proprio il piccolo tormentone lanciato da Biasin, perché non c’è davvero bisogno d’altro in questo momento. Il popolo che tifa Triestina è stato defraudato troppe volte nel recente passato. Ha sofferto troppo spesso per quanto succedeva fuori dal manto erboso e all’interno di aule di tribunale. Insomma, il cuore alabardato ora merita ben altro: le basi ci sono, così come la volontà di rialzare la testa non solamente con parole pompose e al tempo stesso empie.

Ci sarà bisogno di tempo, poiché i buoni risultati li ottieni unicamente da una buona programmazione: rivedremo la luce, certamente, ma per quanto mi riguarda – e anche per buona parte di voi, che mi leggete – anche senza fretta. Appunto, “Pian pianin”.

(credits foto: Triestefototifo)

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stemma_curva_furlanPubblichiamo integralmente il comunicato congiunto di Curva Furlan e Centro Coordinamento Triestina Club, relativo alla denominazione corretta della squadra alabardata, nonchè della conferma della revoca dello storico marchio:

Il CCTC e la Curva Furlan desiderano precisare un concetto fondamentale che probabilmente non è ancora stato ben compreso dai media della nostra città: la Triestina, come noi la conosciamo, non esiste più dal 25 maggio 2015, cioè da quando è stata notificata la revoca della concessione del marchio all’attuale proprietà dell’Unione Triestina 2012 S.S.D a R.L. Questa decisione, presa dopo numerose valutazioni inerenti al discutibile operato dell’attuale dirigenza nel corso della stagione sportiva appena conclusa, delegittima la società Unione Triestina 2012 a ritenersi la naturale prosecuzione della gloriosa Unione Sportiva Triestina 1918. Infatti lo stemma sociale regolarmente registrato dalla società sorta nel 2012 è l’araba fenice stilizzata, non l’Alabarda, di cui si fregiava solo grazie al comodato d’uso gratuito.
Pertanto desideriamo che i mezzi di comunicazione non si riferiscano alla società di Marco Pontrelli come genericamente alla “Triestina”, ma che ne riportino il nome sociale per intero. (Triestina2012)

Le sterili minacce di intervento legale, manifestate dallo stesso Pontrelli nel tentativo di riappropriarsi dell’Alabarda dopo il vittorioso spareggio a Dro, confermano la bontà della decisione unanime di revoca del marchio assunta nella settimana antecedente al playout. La squadra di Marco Pontrelli non giocherà mai più con il simbolo di Trieste sul cuore e non esiste vittoria sportiva che possa cambiare lo stato delle cose.

 

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La campagna abbonamenti per seguire tutte le 17 partite del campionato dell’Unione Triestina allo stadio “Nereo Rocco” avrà ufficialmente inizio giovedì 11 settembre e terminerà domenica 28 settembre salvo proroghe.

RIVENDITE

L’abbonamento può essere sottoscritto presso il TicketPoint situato in Corso Italia 6/C (1°piano – tel. 0403498276-277) e presso il Centro di Coordinamento Triestina Club di via Dei Macelli, 5 c/o stadio Rocco (tel. 040382600).

Orario di apertura del Ticket Point: dal lunedì al sabato dalle ore 08,30 alle ore 12.30 e dalle ore 15,30 alle ore 19,00.

Orario di apertura del Centro di Coordinamento Triestina Club: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19. In occasione di sabato 13 settembre e domenica 14 settembre dalle 9 alle 12

 

PREZZI

Tribuna Pasinati Intero 100€

Tribuna Pasinati Under 18 60€

Tribuna Pasinati piano Famiglia 100€ (marito) + 30€ (moglie) + 1€ (figli fino ai 12 anni di età)

Curva Furlan Intero 60€

Curva Furlan Under 18 40€

Curva Furlan piano Famiglia 60€ (marito) + 30€ (moglie) + 1€ (figli fino ai 12 anni di età)

 

TRIBUNA VIP

Gli abbonati di Tribuna Vip potranno sottoscrivere l’abbonamento al prezzo unico di 500 euro comprensivo di parcheggio interno e custodito e di Vip Lounge

COMMISSIONI

Non sono previste commissioni per la sottoscrizione dell’abbonamento.

 

DOCUMENTI

Per chi sottoscrivere l’abbonamento famiglia è necessario portare un documento di identità.

 

DISABILI

I disabili potranno sottoscrivere l’abbonamento in Tribuna Pasinati o in Curva Furlan al costo fisso di 20 €.

 

CONTATTI E ASSISTENZA

Tel: 040829933

Mail: info@unionetriestina2012.com

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Poteva non piacere a più di qualcuno. Quella frase “La Triestina ora ha il presidente che si merita”, esclamata nel momento successivo alla vendita societaria al “prode” Flaviano Tonellotto, materializzò in un colpo solo il proprio personale addio velenoso e la progressiva fine dei sogni alabardati d’alta quota.

Ma Amilcare Berti, scomparso quest’oggi all’ospedale di Udine, resterà ugualmente e meritatamente nei cuori di tanti triestini. Paradossalmente, molto di più in quello di coloro che si affacciarono sugli spalti del “Rocco” solo nelle occasioni più importanti dei fantastici anni che valsero all’Alabarda il “quasi” triplo salto di categoria da C2 a serie A. Molti di quei “tifosi” poi sparirono in corso d’opera, sottolineando il classico atteggiamento di chi segue le mode e non l’amore per la maglia: ma il merito di quella provvisorio…ripopolamento dello stadio di Valmaura è da attribuirsi a questo signore, che indottrinò i “miscredenti” e li condusse ad amare o semplicemente a interessarsi di una squadra che in tanti snobbavano. Sino al raggiungimento di traguardi importanti.

Berti fu un personaggio che non va ricordato solo per la battaglia contro “le foche ammaestrate”, termine col quale era solito sottolineare la leziosità di alcuni dei suoi giocatori in campo. O magari per la scaramanzia nell’indossare il fedele cappotto in una calda e assolata domenica di giugno, durante una delle decisive gare play-off dell’Unione: no, non lo ricorderemo solo per questo. Egli fu colui che seppe riunire un intero popolo rosso-alabardato, risvegliando gli animi sopiti di una intera città che ha sempre parlato del blasone della Triestina, senza forse mai capire realmente il vero senso di tale termine. Un pregio assoluto e cristallino, mai più ripetuto o replicato da tutti coloro che gli sono succeduti e che mai potranno dire di essersi minimamente avvicinati al suo virtuosismo e ai risultati ottenuti sul campo.

L’Alabarda sta forse – con fatica – per riemergere nuovamente dalle sue ceneri. Ma oggi, a ragione, si ferma per qualche istante a piangere copiosamente la dipartita di uno dei suoi condottieri più illustri, colui che senza mezzi termini ha saputo regalare riflettori più adeguati a questi colori. In un mondo del calcio dove spesso comandano interessi personali e gestioni societarie “allegre”, con i tifosi (quelli veri, non i “modaioli”) costretti a pagare il prezzo più alto in termini sportivi, Amilcare Berti è e sarà per molto tempo la più classica delle pecore bianche in un mare di caproni grigi. Già solo questo aspetto lo rende inarrivabile, almeno per l’attuale presente.

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