Qua c’è poco da riposarsi o da poltrire: se in mezzo a teglie di pasticcio o a coppette di gelato vi sarete chiesti se il Tropics Camp 2018 si è trasformato in un mero luogo per degustazioni gastronomiche, sappiate che nel day 8 si è corso tanto. Tantissimo.

L’immancabile appuntamento mattutino sul verde del “Grezar” per il risveglio muscolare, con annessi giochi di musica, ha aperto le porte a una giornata decisamente intensa sotto il profilo fisico. Mentre coach Davide Pensabene era indaffarato con i “Campers” grandi e medi in esercizi di abilità e coordinazione, Gianluca ha pensato bene a far divertire i più piccolini a furia di…bandierine (perché – diciamoci la verità – giocare a bandierina ha sempre il suo perché anche d’estate).

E se ancora non fosse perfettamente chiaro che la rete con i pesciolini è un toccasana per riprendersi dal pranzo di metà giornata, è ormai lapalissiano come la caterva di ospiti che ogni giorno si precipita a Valmaura per lasciare un piccolo segno alla Sunshine Space Academy rallegri la mente e lo spirito, meglio della Settimana Enigmistica. Ci sono “Immortali”, come il portierone della Nazionale di pallamano Thomas Postogna, ma anche semplici e comuni mortali come Valentina Carrafiello a tenere alta l’intensità dei partecipanti con esercizi di stretching, percorsi per affinare l’abilità motoria, slalom, salti nei cerchi, ricchi premi e cotillons. Dulcis in fundo, prima della Sarabanda tropicale e della distribuzione massiva di braccialetti griffati Sunshine e Gelato Marco, il “main event” di giornata è rappresentato da Roberto “Bobo” Prandin che – oltre a giocare assieme al “Pec” e ai “Campers” – si esibisce anche in fragorose schiacciate a canestro. Il segreto? I ferri sono quelli di minibasket. Ma non ditelo a nessuno…

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Altro giro, altro tiro e altre palme: con il taglio del nastro della settimana numero 2 del Tropics Camp di “Sunshine” Pecile, il nuovo inizio con tanti nuovi partecipanti piccoli, medi e grandi è di quelli che ti fanno capire come chiunque arrivi alla Space Academy tropicale – da una parte o dall’altra della barricata – sappia perfettamente dove è arrivato. E non solo perché i pasti continuano ad essere eccellenti, tra pranzi e merende…

Dopo che il “déjà-vu” dello staff tropicale nella divisione dei “Campers” è stato (con scioltezza) superato, si è lavorato davvero tanto nel day 7. A partire dai giochi all’aperto sul manto erboso del Grezar, con il quartetto Bossi-Coronica-Schina-De Angeli perfettamente sull’attenti nel seguire gli allenamenti del mattino. E poi la premiata ditta composta dai “Bazza Brothers”, da Stefy, Ludo, Gianluca e Davidino si sono prodigati nel curare la tecnica del passaggio in un modo tale che anche il qui presente cronista – specialista nel tiro al piccione e con ancora il dubbio amletico se venire classificato tra i piccoli, i medi o i grandi – spera un giorno di trovare giovamento.

Ma, come avrete in pratica già capito nei tre anni di recap tropicali che continuate a trovare sulle pagine sandrine, il Tropics Camp è tanto altro. E raccontare la presenza pomeridiana dell’amico Simone, grande appassionato di basket e uno dei componenti del trio “MyPersonalPizza” che da tempo immemore fa strage di like su YouTube con milioni di visualizzazioni, è di quelle che ti mettono per default di buon umore. Perché – se mai voleste in futuro conquistare qualcuno – al posto di far vedere la vostra vetusta e polverosa collezione di farfalle o di francobolli, c’è tutta la schiera di video interattivi da loro creati da condividere anche con i vostri amati (e amate). E sfidiamo chiunque nel negare di aver alitato sullo schermo o di aver soffiato sulle candeline, durante la visione…

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Una degna conclusione di prima settimana di lavori tropicali: palme tirate a lucido e tanti momenti da condividere tutti assieme, con la proverbiale dovizia di particolari dello staff capitanato da Andrea Pecile – anch’esso trasformatosi in una palma, con lo stesso fragore con cui Goku nella serie Dragonball superò il limite del Super Sayan – ha fatto nuovamente breccia nei cuori dei piccoli, medi e grandi partecipanti della Sunshine Space Academy.

Day 5 e 6, uniti sotto un’unica egida: quella degli insegnamenti (tanti) che i “Campers” hanno ricevuto a piene mani dal solito nutrito stuolo di ospiti che, di sposare la causa tropicale, ci siamo abituati ad avere con noi nelle nostre estati: dall’arbitro di serie A Mark Bartoli a rispondere al migliaio circa di domande sulle regole del basket, a Martina Trani a fungere da perfetta istruttrice dei più piccoli, ad Alessandro Nocera che è una sorta di “Treccani for Dummies” della palla a spicchi nello spiegare ai più grandicelli come muoversi senza palla e come sfruttare le spaziature sul campo, sino alle lezioni di Davide Pensabene che trasforma esercizi complessi in veri e propri giochi dove i bimbi imparano nozioni utili e importanti in un battibaleno.

Prima del consueto “rebechin” di fine settimana  – grazie a tutti i genitori per la dose industriale di leccornie – sabato è la giornata delle coreografie (e, per come i “Campers” hanno ballato sulle note de “La Cintura” di Alvaro Soler, sembrava di essere alle finali di “Amici” di Maria De Filippi), della presentazione in stile NBA dei finalisti per la gara di tiri liberi (col Pec a ritagliarsi con soddisfazione un piccolo spazietto, sempre sulle note dell’inossidabile Space Jam) e delle tante premiazioni che si sono succedute, in compagnia di Daniele Cavaliero e di Enrico Ambrosetti che è tornato a trovarci e che siamo felici di averlo potuto nuovamente riabbracciare.

L’ “Attestato di partecipazione del raggiungimento di massimo livello di morbin e serenità” come valore è inferiore solamente all’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, così come le medaglie ricordo, la foto di gruppo del nucleo del Tropics Camp con la Nazionale e i premi speciali a tutti coloro che per comportamento ed educazione si sono distinti in questa settimana. Un piccolo ma importante ringraziamento ai nostri ragazzini, che con passione hanno frequentato la Sunshine Space Academy: più di qualcuno lo rivedremo anche per il secondo giro di…valzer – a partire da lunedì 2 luglio – a tutti gli altri un affettuoso abbraccio tropicale per aver condiviso assieme allo staff, agli istruttori e a tutti gli ospiti giornate intense ma incredibilmente positive e divertenti.

E non può mancare il “Thanks a lot” a chi sostiene tangibilmente questo nostro evento: grazie a White Abbigliamento, Montedoro Freetime, Bottega Backdoor, Gelato Marco, Coffeathome, Eppinger, Antica Sartoria di Napoli, Amigos Caffè, NonSoloAntenne, Fragola Lilla, MotoCharlie, Macelleria Suppancig e Soks per l’apporto preziosissimo in qualità di sponsor. Perché di amici, il Tropics Camp, ne ha tantissimi. E ogni anno di più.

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Ognuno di noi ha un film nel proprio cuore. Quello che lo ha emozionato più di tutti gli altri, quello che lo ha visto e rivisto decine e decine di volte e che chissà ancora quante volte lo rivedrà: ecco, chi arriva al Tropics Camp di Andrea Pecile non può assolutamente sfuggire a “Space Jam“, proposto ai giovani partecipanti anche nell’edizione 2018. Perché sì, c’è qualcuno che ancora non aveva avuto modo di vedere il piccolo capolavoro con protagonista Michael Jeffrey Jordan. Ed è così che ci si innamora all’Alma Arena, pensando e ripensando a come il campione per eccellenza della palla a spicchi è finito dentro un cartone animato.

La stanchezza comincia ad affiorare alla Sunshine Space Academy: di lavoro ne è stato fatto tantissimo, in questi giorni. Ma è altrettanto vero che l’entusiasmo vive sempre di momenti costantemente superlativi. Vuoi perché assieme a Vale Carafiello il risveglio muscolare mattutino, gli esercizi di coordinazione e le staffette li fai con Gigi D’Agostino in sottofondo (e questi motivetti a Valmaura risuonano parecchio, da qualche settimana…). Ma anche perché sai che un vagone di dolcezza, tra una pausa e l’altra, arriva sempre: krapfen alla nutella e gelati al biscotto fanno il loro dovere per mantenere alta la concentrazione, che assume vette elevate nel ripasso della coreografia di sabato, giorno del termine della prima settimana di Camp.

Una bella avventura, quella che si sta per concludere. Che reso protagonisti alcuni piccoli “Campers” – quelli più meritevoli, selezionati da una apposita giuria – per fare da portabandiera prima di Italia-Croazia di ieri sera all’Alma Arena. Che grande esperienza da ricordare! E tra una gara di tiri liberi e un’altra (il Pec ci tiene molto che i suoi partecipanti escano dal Camp con almeno il 90% di realizzazione dalla linea della carità), c’è anche tempo di vedere all’opera i “Da Move” spiccare il volo a canestro nelle prove della loro esibizione qualche ora più tardi durante l’intervallo della gara della Nazionale, con un paio di “bambam” a tinte azzurre quale regalo da portare a casa. Un tourbillon di emozioni, come al solito il Trieste Tropics sa regalare di anno in anno.

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Dannazione, gente: eravamo convinti che niente e nessuno avrebbe nuovamente distolto la nostra attenzione dall’ambito puramente cestistico della Sunshine Space Academy versione 2018. E invece cadiamo (con l’acquolina in bocca) in tentazione, perché la palla a spicchi nella terza giornata del Trieste Tropics si è trasformata in…cupcake. No no, niente incantesimi da 100 punti per Grifondoro: qua i veri maghi sono gli amici di Eppinger e della Pasticceria al Bom Bom, che hanno chiuso il “Day 3” del Camp di Andrea Pecile & friends con la possibilità di farcire un quantitativo industriale di muffin con ogni ben di Dio. E la cosa non è affatto dispiaciuta a tutti i piccoli amici “tropicali” che in questi giorni popolano la cittadella dello sport di Valmaura…

Siamo partiti apposta dalla fine perché, diciamocela tutta, nell’intero universo conosciuto queste cose in un semplice camp estivo non accadono. Così come una gara di carriole, col cordiale e prezioso apporto di Marco Legovich, si prende il lusso di catalizzare l’intera attenzione attorno all’Alma Arena. E non solo, visto che il 10 contro 10 con due palloni è roba da rivoluzione copernicana del basket (tranquilli, ci stiamo già attivando per brevettarlo).

Gli ospiti impazzano sempre, al Trieste Tropics: da “capitan Corazza” il cui colore rosso delle sue folte chiome sta svanendo (Andrea, vedi un po’ tu cosa fare per risolvere la situazione…), a “DJ Mastro” che può tranquillamente accompagnare “DJ Zippo” in qualunque pista da ballo, dall’Ausonia sino al Fabric di Londra. E completiamo il giro con Morbin, che ormai vola a schiacciare senza alcun tipo di tappeto elastico ed è il naturale beniamino di  tutti i “Campers” presenti.

Uomo di ghiaccio, rete con i pesciolini, varie ed eventuali: una marea di giochi e di attività diverse, che nella giornata di sabato collimeranno con una coreografia-bomba dove anche i genitori dei piccoli partecipanti alla Space Academy di Sunshine avranno un ruolo importante. Perché si è tutti protagonisti ai camp tropicali. Con o senza cupcake, naturalmente.

 

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Le formule consolidate non vanno mai abbandonate. Tanto più se ti ritrovi ad avere compagni di viaggio che non ti fanno mancare niente e – cosa più importante – entrano in perfetta sintonia col contesto tropicale: il secondo giorno del Sunshine Space Academy 2018 prosegue a costante velocità di crociera, meglio del Millennium Falcon di Han Solo che affrontava senza timore la Rotta di Kessel in meno di 12 parsec (e per chi non capisce di cosa stiamo parlando, correte subito a ripassare i fondamenti di Star Wars).

Nella mattinata di martedì c’è stata una parentesi tutta rosa molto apprezzata dai piccoli “Campers” del Pec (che nel frattempo si preparava a dare il consueto spettacolo col fantino): Valentina Carafiello, laureanda in Scienze Motorie, ha divertito i partecipanti con percorsi di attivazione e riscaldamento all’aperto, sul verde del Grezar.

Sicuramente non si viene a un Camp di basket per riempirsi la pancia di leccornie. Però, quando arrivano i krapfen di Bom Bom e per pranzo ci si ritrova davanti un bel piatto di gnocchi con la salsa e polpette con sugo e purè (dannazione Giuli e Andrea…quando raccontate al cronista queste cose, sappiate che gli fate venire fame…), non si può certamente dire di no. Specialmente se a completare il pasto ci pensa il solito genio del dolce male targato Gelato Marco (passeremo presto anche noi a gustare il variegato nutella).

Basta parlare di cibo, perché sembra quasi che non si sia lavorato nel “Day 2”: e invece con coach Alberto Martelossi a spiegare la teoria del palleggio e con la presenza annessa nel corso della giornata sia di Daniele Cavaliero (eh no, non si riesce proprio a schiodarlo dalla Sunshine Space Academy) che di Alessandro Cittadini (chissà quanti “Campers” si saranno chiesti se un giorno saranno in grado di raggiungere la “Cima Coppi” dei suoi 207 cm di altezza…), le ore all’ombra dell’Alma Arena passano piacevolmente veloci.

Ah, dimenticavamo: ieri sera son tutti tornati a casa con due braccialetti in più. Quello di Sunshine e quello “Spazzziale” (speriamo di avere indovinato il numero di z) ancora dell’onnipresente Gelato Marco. Bello partecipare ai Camp tropicali, vero?

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La “Sunhine honeymoon”? C’è tempo. Andrea Pecile, fresco sposo assieme alla sua Giuli (a proposito, ancora congratulazioni, perché una cerimonia come quella di sabato scorso se la sognano anche a Buckingham Palace), ha aperto alla grande la sua Space Academy con data astrale 2018, senza pensare a festeggiare uno dei momenti più importanti della sua vita. Prima il dovere e poi il piacere, dicevano i nostri nonni: e allora via con una prima giornata all’Alma Arena – quella di lunedi 25 giugno – iniziata con la pioggia e finita con il sole (perché ricordatevelo, le palme tropicali vincono sempre anche in ambito meteorologico) e contornata da tanti importanti eventi che hanno accolto tutti i giovani partecipanti al Camp del Pec: le maglie nuove, la sacca sportiva offerta da Amigos Caffè, nonché gli splendidi – e spoilerati a tradimento – palloni Sunshine a disposizione dei “Campers” (con cui incredibilmente nessuno ha sbagliato un tiro a canestro) hanno fatto da apripista a una serie infinita di incontri con i “VIP” del parquet.

Prima di partire per le meritate ferie, Laurence Bowers, Javonte Green (che vederlo schiacciare a canestro nonostante il campionato sia finito è sempre un bel panorama…), Giga Janelidze e Daniele Cavaliero (con quest’ultimo che lo rivedremo anche nei prossimi giorni all’Alma Arena), hanno timbrato brillantemente il proprio cartellino alla Space Academy, oltre al prezioso contributo di Davide Pensabene a curare con dovizia di dettagli come va passata la palla (non vorrete mica lanciarla come si fa con un sasso all’interno dello stagno, vero?). C’è spazio anche per il buon cibo – e di questo ne riparleremo, perché vale un capitolo a parte – prima di partite e gare a precedere la “Sunshine Banda” (ve la ricordate la trasmissione “Sarabanda”? Ecco, mettetela in un contesto tropicale e avete capito di cosa si tratta) e la foto finale con la Nazionale Italiana di basket al gran completo che in questi giorni si deve impegnare a non farsi rubare la scena dai “Campers” di Sunshine. Occhio “Meo”…

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Quasi tutto già visto e previsto: commetteremmo un peccato capitale nell’affermare che le attuali difficoltà della Pallamano Trieste non siano state preventivate nelle scorse settimane e negli scorsi mesi. Perché per una società che ormai da (troppo) tempo deve fare i conti con budget risicati, uscite eccellenti di sponsorizzazioni (e in tal senso non chiamatela più Principe, perché tale marchio nell’immediato futuro non campeggerà più sulle maglie biancorosse) e una costante verve nel combattere contro i mulini a vento, lottare ogni estate per sopravvivere e per mantenersi in linea di galleggiamento è diventato una poco gratificante abitudine.

Togliamoci dalla testa i 17 scudetti conquistati in passato: quelli, come più di qualcuno se ne sarà accorto, non portano moneta sonante nelle asfittiche casse giuliane. Perché vivere di ricordi non serve più. Perché alla fine della fiera il “prodotto” pallamano in generale ha poco appeal non solo in ambito locale. Perché, se anche realtà storiche dell’handball nazionale sono in difficoltà (vedi Siracusa, che anch’essa più di qualche bella pagina di sport l’ha saputa scrivere nei decenni scorsi e che ha deciso da tempo di non iscriversi al prossimo Girone Unico), è evidente che l’intero movimento in sé continua a far fatica nel catalizzare un interesse sportivo generale che forse meriterebbe.

“Si può fare di più”, cantava a Sanremo nel 1987 il trio Morandi-Tozzi-Ruggeri quando buona parte dei giovanissimi componenti dell’attuale prima squadra giuliana non era ancora nata. Si possono migliorare i metodi per cercare nuovi sponsor, ma l’impegno per togliersi dalle secche – quello sì – resta ed è sempre restato ai massimi livelli dalle parti di Chiarbola. E, nei prossimi sette giorni in cui si chiede alla Pallamano Trieste l’ennesimo miracolo per sopravvivere (70 mila Euro, nelle attuali condizioni, non sono facili da trovare), forse può migliorare anche l’approccio mentale con cui il tessuto imprenditoriale di zona (con istituzioni comprese) si può porre nei confronti di una società che banalmente di fare i salti mortali per tenere alto il nome del proprio blasone lungo lo stivale italico…comincia ad averne abbastanza.

La solita storia già trita e ritrita? Sì, non lo nascondiamo e non vale la pena farlo. Ma puntare il dito verso la convizione che a queste latutidini tanti sport di vertice non possano coesistere fa comodo a molti. Terribilmente comodo. Non ci metteremo in questo ambito a fare la morale su quanto sia semplice salire sul carro dei vincitori nel momento in cui le cose vanno bene, i risultati sul campo arrivano e ci sia la grande consapevolezza di essere sufficientemente autonomi a livello economico. Ecco, togliete proprio questo ultimo punto ed è così che il grande castello di sabbia viene inesorabilmente spazzato via.

Si parla spesso di “fare squadra tutti assieme”, di mettere da parte i protagonismi e gli interessi personali per un bene comune. E, dati alla mano, all’ombra di San Giusto non c’è altra società come la Pallamano Trieste ad aver costantemente fatto nell’ultimo decennio le nozze con tonnellate di fichi secchi, rimanendo così a lungo in alto in un “paradiso” della serie A che a lungo andare è diventato più un “purgatorio” per i colori biancorossi. Ma soprattutto l’identità cittadina è sempre rimasta intatta: nella dirigenza, nello staff tecnico, nel nucleo di veterani che ha sacrificato buona parte della propria vita privata per proseguire il progetto, continuando a vestire una maglia che ormai è tatuata sulla pelle. E anche nella filosofia di far amare l’handball – proprio quella disciplina che poco appeal può avere ai più – a decine di giovani promesse e a migliaia di scolari di Trieste e provincia, che un giorno hanno deciso di snobbare altri sport per tuffarsi nella pallamano. Una fucina che da una parte inorgoglisce nominalmente un’intera città e che dall’altra invece non basta per attirare le attenzioni di chi qualche obolo potrebbe investirlo.

C’è un IBAN per poter sostenere la società (IT 42 U 02008 02230 000058307508), ci sono delle iniziative che durante la settimana vedranno la luce. C’è qualche piccola azienda che ha già risposto al grido d’allarme del sodalizio del “Prof” Lo Duca, altre realtà che verosimilmente potrebbero farlo a breve, altre invece che sembrano ancora giocare a nascondino quando il tempo di giocare è ormai terminato. Sette giorni, non uno di più, per sopravvivere (la partita si chiude definitivamente il prossimo 2 luglio): la Pallamano Trieste se lo meriterebbe, di sopravvivere. Solo anche ricordando quelle lacrime, scese copiose dagli occhi dei protagonisti nella passerella di fine stagione, con quel “La gente come noi non molla mai” impresso sulla maglia a essere il più logico dei cavalli di battaglia per chi, davvero, non ha mollato mai e non ha intenzione di farlo proprio adesso.

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Sarà coach Marco Ramondino, eletto miglior allenatore della serie A2 2017/18, il primo ospite della ricca stagione estiva della Pallacanestro Interclub Muggia. “Ramondino sosterrà dal 26 al 29 giugno delle lezioni sia agli atleti che allo staff tecnico rivierasco – spiega il General Manager Dario Bocchini – Marco, a cui mi lega un rapporto di grande amicizia, ha accettato con notevole entusiasmo di aderire a questa bella iniziativa che la società ha voluto organizzare”.

Ramondino, classe 1982, inizia il suo percorso allenando le giovanili della De Vizia Scandone Avellino come assistente di Andrea Capobianco mentre allo stesso tempo si affaccia alla prima squadra con coach Luca Dalmonte. Nel campionato 2002/03 con l’Air Avellino è assistente allenatore di Zare Markovski. L’anno seguente si trasferisce alla Pallacanestro Salerno come assistente di Andrea Capobianco. Nella stagione 2004/05 con gli under 20 campani giunge alla fase interzonale mentre gli Juniores si classificano tra le prime 8 formazioni d’Italia, dopo due campionati in serie C1 con il Ferentinum ritorna a Salerno dove coglie un ottimo secondo posto. Il grande salto giunge nel 2007/08 in LegaDue con la Fileni Jesi dove conosce il General Manager della società marchigiana Dario Bocchini, oltre ad essere alla guida tecnica della squadra U19 Ramondino è tra gli assistenti di Andrea Capobianco: mette in bacheca la Coppa Italia oltre a raggiungere la finalissima per la promozione nella massima serie. Nelle tre stagioni successive passa a Teramo, nel ruolo di vice allenatore raggiunge le Final 8 e il terzo posto in classifica, l’anno seguente partecipa all’Eurocup.

L’estate 2010 si tinge d’azzurro per il tecnico avellinese, da assistente allenatore di coach Antonio Bocchino siede sulla panchina della Nazionale U18 ai Campionati Europei di Vilnius, ricopre lo stesso ruolo anche l’anno seguente ma stavolta con l’U16. Nel campionato 2011/12 a Bologna sponda Fortitudo è il 1°assistente, successivamente passa 2 stagioni a Veroli di cui l’ultima come capo allenatore, dal 2014/15 è alla guida tecnica della Junior Casale dove nella stagione appena conclusa raggiunge la finale promozione sfidando l’Alma Trieste.

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“Paroni in casa dei altri”: non c’è metafora migliore per spiegare come, dopo quasi 40 anni, Trieste passi al PalaVerde di Treviso. Perché in una gara-3 dove tutti si aspettavano la veemente risposta veneta, è invece l’Alma a fare cappotto nella serie e a volare in finale: un 54-86 dalle proporzioni enormi per i biancorossi, che per tanti minuti hanno recitato il ruolo di vero e proprio rullo compressore, mettendo alle corde una De’Longhi che finisce gambe all’aria e fuori dai play-off con un tonfo fragoroso.

Di bolgia ce n’è davvero tanta a Villorba – come era facile immaginarsi – a ridosso della palla a due. Treviso inizia meglio, almeno nel catturare qualche buon rimbalzo in attacco, ma è invece l’Alma a infilare successivamente un paio di buone difese sulle penetrazioni dei padroni di casa, trovando il vantaggio con la tripla di Bowers del 2-5. Trieste ha qualche buona chance per mettere il muso avanti con maggior vigore, anche perché la formazione di Pillastrini ha già tre errori dalla lunetta in un amen: un’altra bomba, stavolta di Green, lancia i giuliani sul +6 a metà primo periodo, la piccola verità è che i biancorossi continuano per larghi tratti a essere troppo morbidi nel proprio pitturato, concedendo qualche extra-possesso di troppo ai veneti che tornano subito a contatto sulla deflagrazione di Swann dalla lunga distanza. La parità arriva subito dopo a quota 11, in mezzo a una selva di errori da ambo le parti: l’acuto triestino arriva nel finale, con i punti di Da Ros e Prandin, a regalare il +3 al 10′ (14-17).

C’è tanto nervosismo sul parquet su sponda trevigiana (vola anche un tecnico per proteste a Swann) e l’Alma ha dalla sua una bella fetta di inerzia in apertura di secondo periodo: il vantaggio ospite raggiunge le undici lunghezze al 13′ (17-28), con la De’Longhi infilzata da Loschi che si dimostra caldissimo dai 6 metri e 75, poi la schiacciata di Janelidze sull’errore di Green e la realizzazione dalla media di un Da Ros anch’esso ispirato fanno volare Trieste addirittura sul +15 due minuti più tardi. Treviso spende due time-out quasi in rapida successione ma sembra non cavare un ragno dal buco nemmeno sul 19-36: una piccola scossa la prova a dare Brown (canestro buono e fallo, ma con errore poi dalla linea della carità) che però si dimostra un fuoco di paglia, perché sono innumerevoli le palle perse che i veneti rimediano anche nei minuti che precedono la sirena di metà gara. L’Alma è padrona del match sul 26-42 del 20′.

Un altro ceffone, bello rumoroso e doloroso, lo dà Cavaliero da tre punti dopo i primi venti secondi di terzo quarto: un piccolo segnale che fa intendere come Trieste torna in campo con il piglio giusto dopo la pausa lunga. La De’Longhi continua a essere nel frullatore delle proprie difficoltà, continua a sparacchiare ai liberi (è 8/18 al 25’…) ma soprattutto non c’è minimamente a livello di testa. È un gioco da ragazzi per l’Alma mantenere saldamente in mano le redini del match sul 31-48, con la panchina di casa a chiamare l’ennesimo minuto di sospensione che non porta minimamente valore aggiunto. Anzi, tale ambito tonifica ancor di più gli ospiti, “cecchini” per due volte con Mussini per un successivo incredibile +25 (33-58) che si materializza davanti ai tifosi triestini in visibilio. E la partita finisce lì, con un quarto abbondante ancora da giocare e con il pubblico di casa ammutolito nel vedere come Treviso esca di scena forse nella maniera più inaspettata. E ancor di più, quel coro “Forse chissà, succederà…” che risuona invece nello spicchio ospite finisce col preparare la strada all’ultimo atto di stagione dove l’Alma vuole completare la propria missione. Se questi sono i presupposti, a pieno diritto ci si può sfregare le mani.

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