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A chiamarlo semplicemente “camp estivo” si rischia quasi di snaturarlo. Perché quello organizzato da Andrea Pecile, assieme alla sua banda scatenata di amici e collaboratori, è da otto anni a questa parte un appuntamento fisso che ogni bimbo (e bimba) con una palla a spicchi tra le mani ha il grande desiderio di voler partecipare.

Rinnovarsi, sempre. E farlo con la consueta dedizione per i dettagli: un cavallo di battaglia per colui che ha fatto della serenità infinita tra i veri valori della propria vita, dentro e fuori dal parquet. Un format, quello del “Tropics Camp 2018”, che dal 25 giugno al 7 luglio prossimi prenderà la denominazione di “Space Academy” in maniera non casuale. “In fin dei conti, tutte le locandine delle precedenti edizioni hanno avuto il loro significato particolare – spiega il ”Pec” – visto che lo scorso anno con la “Sunshine Academy” ci eravamo fortemente ispirati alla saga cinematografica di “Scuola di Polizia”. Ammetto che il mio amore per “Space Jam” ha indirizzato alla scelta di questo percorso che andremo a intraprendere: il mio ringraziamento va al web designer di Alma Trieste Matteo Portaluri, che in tale ambito ha saputo creare una locandina da leccarsi i baffi. E a tutti coloro che con la loro presenza hanno trasformato il Camp nell’importante appuntamento estivo che è diventato”. 

Ospiti, appunto. Di tutti i tipi, non solo puri e semplici giocatori di basket, ma anche preparatori atletici, tecnici e più in generale tanti vecchi amici che decidono di ritrovarsi tutti assieme una volta all’anno, per condividere e trasmettere ai più piccoli il vero significato di passione cestistica. “Avremo tante riconferme, con qualche colpo in canna che non sveliamo adesso ma che siamo pronti a far esplodere. Visto oltretutto che, durante il periodo del Camp, avremo anche la Nazionale Italiana di basket qui a Trieste…”. E con un palcoscenico di tutto prestigio, quello dell’Alma Arena di Valmaura che permetterà a giovani e giovanissimi di calcare quel parquet tanto ammirato sulle tribune durante i pomeriggi domenicali. “Premetto che ci siamo trovati benissimo in tutte le passate location che ci hanno ospitato, compresa quella di Villa Ara” specifica Andrea. “Questo trasloco è il frutto della passione di Gianluca Mauro e della sua volontà di far coinvolgere i bimbi nel nostro palazzo dello sport: poterlo fare lì è per noi un vero e proprio orgoglio, cercheremo dunque di sfruttare al meglio tutti i nuovi spazi che per due settimane avremo a nostra disposizione”.

Un’invasione pacifica di ragazzini, nati tra il 2005 e il 2012, si prepara dunque a invadere via Flavia. Con tanto di divise personalizzabili, sulle quali saranno il nero, il magenta e l’arancione della storica franchigia ABA dei Miami Floridians a divenire i colori ufficiali della manifestazione. “Un qualcosa che esalta l’abbronzatura” scherza “Sunshine”, che lancia una spassionata raccomandazione: “Essendo i posti limitati, chiediamo a tutti di iscriversi in anticipo, visto anche i tre anni consecutivi di sold-out che ci siamo messi alle spalle. Con le tante richieste già pervenute, il rischio di non partecipare è davvero elevato”. 

(da “City Sport” di lunedì 19 marzo 2018)

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Il “cantiere” denominato Alma è pronto per l’inizio ufficiale dei…lavori: certamente con parecchi grattacapi, ma già in fondo con tante piccole certezze derivate da un pre-campionato concluso con la conquista della Supercoppa. Eugenio Dalmasson è costretto da giorni a guardare con un occhio il parquet e con l’altro tutti gli infortunati a bordo campo, consapevole che l’inizio di stagione questa sera al “Pala San Filippo” di Brescia (palla a due alle 20.30, gara in diretta streaming su LNP TV Pass) sarà ostico e al tempo stesso indicativo per poter testare lo stato di una squadra che – con l’aggiunta dello stop di Daniele Cavaliero – risulta essere ancor più incerottata.

Coach, alla vigilia della sfida contro Orzinuovi la sua formazione è ben lontana dal considerarsi nella miglior condizione fisica possibile. Sin qui avete però dimostrato di sapervi esaltare nei problemi.

«Partiamo dal presupposto che d’ora in avanti sarà ancora più difficile, anche perché tutti gli altri stanno facendo quel passo in più sul fronte della chimica di squadra che per quanto ci riguarda non siamo purtroppo ancora in grado di compiere. È altrettanto vero che sono soddisfatto di quello che stiamo facendo a ranghi non completi: i giocatori che alleno stanno dimostrando grande impegno e professionalità, qualità indispensabili per un gruppo come il nostro chiamato a giocare una stagione ad alto livello. Certamente mi sarebbe piaciuto arrivare all’esordio in campionato con una situazione diversa di lavoro, per contro sin da questa prima partita abbiamo il dovere di affrontare le sfide che ci attendono con il morale giusto. Siamo stati bravi nel pre-campionato a farci scivolare via le negatività, tocca nuovamente a noi fare altrettanto sin da stasera. Ora che si gioca per i due punti, iniziare da subito a fare risultato è tutt’altro che scontato».

Ha parlato di negatività: con un Cavaliero in meno nel motore, perdete un ulteriore componente del quintetto-base. Come cambia il vostro approccio alla gara e più in generale alla stagione?

«Sicuramente dobbiamo rinunciare a un altro prezioso riferimento offensivo, tutto questo però non deve cambiare il nostro modo di giocare e di interpretare le partite. Credo che l’estate che ci lasciamo alle spalle abbia decretato come non abbiamo mai fatto fatica a segnare, trovando punti praticamente da ogni componente della squadra: è un’immagine abbastanza nitida di questo roster, che ha tanto talento al proprio interno ma che al tempo stesso ha l’obbligo morale di non piangersi mai addosso. Non lo abbiamo fatto fino ad adesso e non dovremo farlo mai, nel corso dei prossimi mesi: solo una grande mentalità porta a risultati positivi».

La bella notizia è che a breve avrà nuovamente a disposizione sia Da Ros e Bowers, che in questi ultimi giorni stanno scalpitando per rientrare.

«Attenzione a non considerare in egual modo l’inserimento dell’uno e dell’altro giocatore. Matteo arriva da un’intera stagione con noi, passata a essere tra i più positivi della squadra, pertanto sarà più semplice rimetterlo in marcia. Per Laurence invece parliamo di un atleta rimasto fuori più a lungo, che si sta immergendo in un ambiente completamente nuovo per lui e per la sua carriera. Sicuramente il denominatore comune per entrambi è la necessità di recuperare l’agonismo alla svelta, mentre dal canto nostro ci sarà molto presto il bisogno  di ricreare nuovi equilibri di squadra. In tal senso ci sarà tanto da lavorare con parecchio tempo da spendere, ma ci penseremo non appena li avremo nuovamente sul parquet. E aggiungo: le migliorie con Da Ros e Bowers si vedranno in corso d’opera, non immediatamente».

Veniamo a Orzinuovi: una “prima” per voi tutta da decifrare, contro un’avversaria da una parte inferiore tecnicamente all’Alma ma che avrà sicuramente l’entusiasmo dalla propria parte.

«Loro arrivano a questa stagione dopo un campionato eccellente, con una promozione ottenuta sul campo e con un sistema di gioco ben definito. Hanno inserito due americani validi, con un Sollazzo che ormai conosce bene le logiche del nostro campionato e che ha già dimostrato in tempi non sospetti la propria forza. È un team costruito con il giusto mix di esperienza: nelle ore che precedono questa sfida abbiamo cercato di fotografare l’Agribertocchi nel giusto modo, consapevoli che non sarà per nulla facile strappare loro i due punti».

Stasera sarete gli ultimi a scendere in campo, dopo una prima giornata “spezzatino”: in questo ambito vi sentite un po’ sotto i riflettori?

«Il fatto di avere gli occhi di molti puntati addosso è una costante che sarà sempre presente lungo tutto il corso del campionato. Sappiamo di partire come una delle formazioni protagoniste, ma non commettiamo l’errore di esaltarci solo su questo aspetto: abbiamo lavorato bene sin qui e non dobbiamo resettare tutto a livello di testa, sarebbe uno sbaglio clamoroso. Certamente la nostra sarà una partenza ad handicap, che non si esaurirà nell’immediato post-partita con Orzinuovi ma che ci porteremo avanti ancora per qualche settimana. Tutte le avversarie che ci ritroveremo davanti non ci regaleranno nulla e ci affronteranno con occhi diversi rispetto a quanto accadeva in passato. Dovremo sacrificarci tutti, sin da subito: solo così potremo iniziare la regular season nella maniera giusta».

(da City Sport, lunedì 2 ottobre 2017)

 

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Mettiamola così: se il Memorial “Piera Pajetta” – ultima parentesi pre-stagionale prima della Supercoppa LNP – doveva dare un briciolo di conferme all’Alma, un concetto su tutti balza fuori dopo la “due giorni” friulana: la necessità da parte di Trieste di aver dovuto nuovamente ricorrere a una sorta di metamorfosi kafkiana per evitare un esaurimento nervoso, causa l’ennesima tegola sul fronte degli acciacchi (in questo caso, i soli cinque minuti scarsi sul parquet di Janelidze, a riposo forzato per qualche noia alla schiena). Alla fine della fiera, i giuliani escono dal rinnovato “Pala Carnera” con un terzo posto nel torneo e paradossalmente con la consapevolezza di aver ancora una volta stretto i denti senza praticamente mai perdere la bussola: anche così si può crescere di squadra, in barba ai problemi.

“BLACK FRIDAY” A METÀ Non è un caso che il “Pajetta” tinto di biancorosso possa essere trasversalmente diviso in due parti distinte: quella della sconfitta contro la Bondi di venerdì è sicuramente il lato più sbiadito del week-end di gare a Udine, con un’Alma che per quaranta minuti ha corso prevalentemente sulle uova, quasi col timore di non farsi ulteriormente male sul piano fisico e mai realmente capace di cambiare registro in ambito dell’inerzia. Da un Fernandez tornato a essere “umano” e a prendere fiato, non riuscendo di fatto ad orchestrare con la consueta perizia la squadra sul parquet, a un complessivo 33% di realizzazione dal campo che ha denotato la difficoltà di Trieste ad andare a canestro. E – nota curiosa, ma che delinea perfettamente lo stato di emergenza sul piano delle rotazioni – passando anche per un quintetto che definire sperimentale è poco: Prandin, Baldasso, Loschi, Green e Coronica (col capitano biancorosso a fare da “5”) tutti assieme appassionatamente nell’ultimo quarto, è una “configurazione” difficilmente ammirabile e ripetibile in futuro. Con il solo Cittadini a cantare e portare la croce in pitturato (peraltro molto bene, sia con Ferrara che con Forlì), era naturale non aspettarsi un basket-champagne. Ma c’è un punto a favore per i giuliani: l’aver retto l’urto in difesa contro Hall e soci, vincendo la lotta a rimbalzo e chiudendo la contesa con un +30 nella valutazione totale. Una magia? Niente affatto: si è visto tanto spirito di sacrificio che, al netto del match in chiaroscuro, può far brillare gli occhi dello staff tecnico. E tutto questo vale molto di più di una sconfitta di misura, patita peraltro solo nei secondi finali.

I SORRISI POST-FORLÌ Dai “dolori” alle piccole “gioie”: cambiare registro nel giro di 24 ore non è facile per nessuno, figuriamoci per una Trieste come quella attuale che senza Bowers e Da Ros perde parecchi punti di riferimento su entrambi i lati del campo. Eppure l’Alma, nel match di sabato sera contro l’Unieuro dell’ex DiLiegro (a proposito, il centro di Lexington ha messo a posto anche il tiro dalla lunga distanza, oltre alla consueta efficienza in semi-gancio…), fa rispuntare bello come il sole quel fuoco sacro di una squadra che ha tanto orgoglio innato nel proprio DNA. Badate bene: anche in questo caso siamo lontani dalle prestazioni migliori, ma i pezzi del puzzle sparpagliati contro Ferrara si sono uniti in un colpo solo: con Cavaliero che torna ad essere uno dei leader della squadra, assieme al “solito” Green che realizza 21 dei 23 punti negli ultimi venti minuti dopo aver sonnecchiato nel primo tempo e a un Bobo Prandin che – tra serpentine in penetrazione e la buona mano dalla lunga distanza – diventa un rebus per la poco attenta difesa forlivese, ecco come l’intera squadra biancorossa ritrova una piccolissima quadratura del cerchio. Con una chicca annessa: la “2-3 bulgara” in difesa che, seppure solo per qualche azione, può rappresentare qualcosa di assolutamente nuovo nelle logiche di squadra. E che magari un bel giorno potrebbe essere riproposta…

ROAD TO…ALMA ARENA Come va interpretata la prima, vera parentesi di stagione in Supercoppa nel prossimo fine settimana? Una ricetta c’è: quella di onorare la competizione senza la pressione di dover arrivare per forza di cose sino in fondo. Che tradotto non significa necessariamente prendere sottogamba la competizione, ma di vederla invece come una tappa importante di avvicinamento al campionato. Si va in campo sempre per vincere, è palese: ma nell’Alma odierna c’è anche la volontà di costruire l’identità giusta. E l’evento dei prossimi giorni diventa perfetto per scoprire cosa Trieste vuol fare da grande.

(da City Sport, lunedì 18 settembre 2017)

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Ad oggi mancano venti giorni all’inizio della stagione. Per certi versi un’inezia, sotto un altro punto di vista una manna dal cielo per un’Alma che in queste ultime settimane ha visto la propria infermeria piena zeppa come in nefasti tempi di guerra. Eppure, guardando non solo i risultati delle sei amichevoli sin qui giocate ma soprattutto i segnali che scaturiscono analizzando quanto sinora visto, risulta lampante un concetto: la squadra di Dalmasson ha accantonato sin dal primo giorno di preparazione la volontà di leccarsi le ferite e si è dedicata molto di più a far emergere alcuni punti di forza che possono già far sorridere società e staff tecnico biancorosso.

IL VALORE DELLE ROTAZIONI “Nessun uomo è indispensabile”: fu questa una frase che accompagnò il mandato presidenziale di Franklin Delano Roosevelt, poco meno di un secolo fa. Ebbene, dopo un mese scarso dall’inizio della preparazione questo concetto può essere ribaltato con discreta approssimazione anche a una Trieste che sin qui non ha mai avuto modo di allenarsi a ranghi completi: dall’assenza cronica di Da Ros (si sperava di poterlo avere sul parquet in prossimità della Supercoppa, verosimilmente i tempi di recupero si allungheranno) a quella di un Bowers visto all’opera – e solo per pochi minuti – solamente nello scrimmage di Codroipo prima dell’operazione di pulizia al menisco.

Privarsi potenzialmente di due quinti di quintetto-base è roba da far venire il mal di testa a chiunque, non solo a un Eugenio Dalmasson che in tempi passati ha dovuto fare spesso i conti con problemi di questo tipo. Eppure questo status paradossalmente sta aiutando i biancorossi a capire le reali potenzialità del roster allestito. E, in primissima battuta, c’è la piccola soddisfazione sin qui di aver lavorato bene nonostante tutti i grattacapi, specialmente in un ambito come quello dell’area pitturata che in molti considerano nevralgico nell’Alma targata 2017/2018. Tradotto? Trieste sta avendo sin da adesso il contributo di tutta la sua panchina, nessuno escluso: da un Janelidze che ha dimostrato di saper fare discretamente “legna” sotto canestro (siamo sicuri che la sua avventura biancorossa si esaurirà così presto?), sino a un Loschi che non è solo tiratore ma anche difensore arcigno in tagliafuori. E più in generale, esiste la consapevolezza che già ora ci si sacrifichi di squadra. Con valori di questo tipo, l’avvicinamento alla stagione spaventa decisamente di meno e dà l’occasione di studiare eventuali “piani B” tattici, nel caso in cui anche a campionato in corso si debba sciaguratamente fronteggiare il problema degli infortuni.

GREEN VERSIONE 2.0 L’abbiamo notato sin dalla prima foto scattata fuori dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari: Javonte Green è cambiato, non solo fisicamente. Ed è bastato ammirarlo nelle amichevoli disputate dall’Alma per avere la conferma che quella prima impressione non era per nulla campata per aria.

Col senno di poi, si fa presto a dire che la “cura Tanjevic” e la preparazione con la nazionale montenegrina sia stata il classico cacio sui maccheroni: la verità di fondo è che il talento di Petersburg non ha più solo l’esplosività dalla sua parte, ma anche la piccola consapevolezza che questa annata lo può lanciare definitivamente in orbita. Non solo dunque palle recuperate e schiacciate furibonde in contropiede, ma anche la propensione di andare a rimbalzo d’attacco in maniera molto più propositiva rispetto alla scorsa stagione e, cosa non da poco, iniziare a prendersi degli uno-contro-uno maggiormente efficaci che possono diventare un’arma in più da non sottovalutare. Certo, è solo “basket estivo” quello che siamo in grado di raccontare: tuttavia un Green tirato così a lucido e scintillante come un Bronzo di Riace è grasso che cola copiosamente per l’Alma.

LA LEADERSHIP DI “LOBITO” Cercato a lungo e trovato dopo una lunghissima corte: scopriamo forse l’acqua calda nel definire Juan Fernandez uno dei migliori play in circolazione (e non solo in serie A2). Certo è che poter usufruire in cabina di regia di un diamante tutt’altro che da sgrezzare ha valore inestimabile per una squadra che culla con veemenza il sogno promozione.

In molti chiedevano a gran voce un giocatore dai pochi palleggi e dalla tanta sostanza nella costruzione dei giochi offensivi: ma per la gioia di molti forse c’è anche qualcosa di più. Perché il “Lobito” si sta dimostrando anche superlativo sull’altra metà campo, dove lottare nella marcatura del diretto avversario, recuperare un rimbalzo, alzare gli occhi e lanciare un secondo dopo un pallone verso un compagno di squadra riversatosi completamente da solo in contropiede potrebbe diventare uno degli scenari che spesso avremo modo di vedere nell’Alma di questo campionato.

Leadership dunque, terribilmente efficace già in una pre-season dove Fernandez sta dimostrando un lucido carisma sapendo sempre cosa fare in ogni azione, non buttando mai via un possesso-palla. E attenzione: l’asse tra il play argentino e Alessandro Cittadini, due che si conoscono bene dopo la felice avventura a Brescia con promozione incorporata in serie A, potrebbe ulteriormente rivitalizzare le 38 primavere del centro perugino.

(da City Sport, lunedì 11 settembre 2017)

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Dopo il primo scrimmage estivo contro la Bluenergy Codroipo, l’Alma Trieste è attesa nel prossimo week-end al torneo “Alfiero Bettarini”, in programma venerdì 1 e sabato 2 settembre al Palasport di Viale Europa di Lignano Sabbiadoro. Per la formazione di Eugenio Dalmasson, sarà la De’ Longhi Treviso il banco di prova iniziale della manifestazione.

Questo il programma completo, comprensivo degli orari:

Venerdì 1° settembre

Ore 19.00: De’ Longhi Treviso-Alma Trieste

A seguire: Reyer Venezia-GSA Udine

Sabato 2 settembre

Ore 19.00: Finale 3°/4° posto

Ore 21.15: Finale 1°/2° posto

Per quanto riguarda i biglietti d’ingresso, il costo del tagliando unico giornaliero – che vale dunque per entrambe le gare in programma – sarà di 5,00 €, senza alcuna distinzione tra biglietti interi e ridotti: la vendita sarà disponibile presso i botteghini del palasport di Lignano, nei giorni delle gare.

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Ricalcando quanto era già accaduto nella scorsa estate, per la Pallacanestro Trieste il pre-campionato si preannuncia ricco di interessanti confronti amichevoli. Sono infatti già stati definiti alcuni degli impegni che vedranno protagonisti gli effettivi biancorossi, con l’attenzione degli addetti a lavori che andrà dunque a focalizzarsi sulla serie di tornei già prevista in scaletta.

In prima battuta, sono stati riconfermati alcuni quadrangolari “storici”, come quello di Lignano (1-2 settembre, con l’Alma ad affrontare nel primo incontro la De’ Longhi Treviso, in un torneo che vedrà anche presenti anche Udine e i campioni d’Italia dell’Umana Reyer Venezia) e di Grado (9 e 10 settembre, Trieste di scena in semifinale contro Agrigento nella prima giornata di gare, ventiquattr’ore più tardi contro una tra GSA e i croati dello Skrljevo). La settimana successiva sarà il turno del trofeo “Pajetta” sul rinnovato parquet friulano del Carnera: oltre a biancorossi e bianconeri, prevista anche la presenza di Forlì e Ferrara: dovrebbe essere probabilmente questo l’ultimo impegno dell’Alma prima della Supercoppa LNP del 22 e 23 settembre (contro Biella, Treviso e Ravenna), prima parentesi ufficiale dei triestini nella stagione 2017/18.

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Una grande squadra deve saper anche soffrire. E questa è l’Alma Trieste, che stacca il biglietto per le semifinali play-off con un ultimo quarto dove c’è tutta la grande sostanza biancorossa di questa stagione: pur non essendo scintillante, nei momenti importanti la squadra di Dalmasson c’è sempre. E nel 74-60, punteggio che chiude la serie contro un’onestissima Tortona, c’è un’intera piazza a poter continuare a sognare. Con grande merito.

Tanti errori al tiro per l’Alma nei primi minuti di match: inizialmente Tortona ne approfitta solo in parte, portandosi sul +3 (2-5). Come spesso già accaduto in passato, è Da Ros a togliere un pizzico di pressione all’attacco triestino, seppure un Ricci in stato di grazia nel primo quarto (due triple consecutive) mantenga inalterate le distanze alla boa di metà frazione sul 7-10. L’Orsi è decisamente più ispirata in campo, “doppiando” i biancorossi a quota 14, Cavaliero ridà ossigeno a Trieste con una tripla ma il successivo 2+1 di Garri (10-17) conferma come gli ospiti siano ottimamente entrati sul parquet. I giuliani tirano spesso al piccione dal perimetro, contenendo tuttavia i danni sulla prima sirena con il -3 al 10′ (16-19).

Le difficoltà giuliane vengono paventate anche in apertura di secondo quarto: la difesa ospite concede pochi tiri puliti all’Alma, che soffre da cani nel costruire un’azione degna di nota. Eppure l’Orsi, nel suo momento potenzialmente migliore, non riesce a mettere in cascina punti preziosi per allargare la forbice di vantaggio: buon per Trieste, abile a mettere la freccia sul 27-24 del 15′ dopo il canestro buono più fallo di Parks e le due, preziosissime realizzazioni di capitan Coronica. L’Alma non gioca bene, ma si affida in questa fase di gara ancora alle individualità da leader di Parks: suo il canestro del momentaneo +5 (31-26), incappando però nel suo terzo fallo personale proprio nell’ultima azione del periodo, con i biancorossi avanti di due all’intervallo lungo.

La partita sale decisamente di tono alla ripresa del gioco: Trieste mantiene le distanze dall’Orsi (42-37 al 24′, bene Da Ros e Cittadini), seppure Greene e Garri tengano alti in attacco i giri del motore ospite. Una “bomba” esplosiva e repentina dall’angolo di Cavaliero prova a mettere un po’ di sale sulla coda di Tortona (45-39) che risponde però immediatamente con due penetrazioni consecutive da parte di Cosey (+2 Alma a tre dalla fine del terzo quarto). L’Orsi impatta successivamente a quota 45, sfruttando qualche amnesìa di troppo da parte dei giuliani, troppo spesso battuti sul primo passo: Cosey regala addirittura il sorpasso alla penultima sirena (49-50), momento in cui Trieste capisce che è il momento di salire di tono. Tripla di Cavaliero, rimbalzo in attacco e canestro di Parks, alley-oop Da Ros per lo stesso “Picasso”: la gara prende tutta un’altra piega a 6’50” dal termine, sul 58-52 in favore dei biancorossi. Cavina ricorre al time-out, ma l’Alma è davvero on-fire in questa fase: sul +8 di Parks la partita sembra potersi indirizzare su sponda giuliana, il ritorno di fiamma dell’Orsi è però dietro l’angolo: in un amen gli ospiti tornano a stretto contatto (60-56), Baldasso e nuovamente Cavaliero hanno mani caldissime per ricacciare Tortona indietro sul -8 (66-58 al 37′). È qui che si fa il match e l’intera serie: l’Alma blinda il punteggio con grande perizia offensiva, quanto basta per arrivare al penultimo capitolo play-off promozione con un entusiasmo da serie A. Quella con cui si continua a sognare, quella per cui Trieste continua il proprio splendido cammino.

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Per una bella e importante vittoria come quella conquistata dall’Alma sulla Remer Treviglio in gara-5 di ottavi di finale play-off, ci vuole una photogallery in alta risoluzione. Proprio come quella confezionata con i preziosi scatti della nostra fotografa sandrina Linda Cravagna, le cui immagini sono disponibili sull’account Flickr di Elsitodesandro all’indirizzo http://bit.ly/G5gallerySDS

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A 40 minuti dal termine del campionato, con molti giochi ancora aperti per quanto riguarda la composizione della griglia dei playoff di serie A2 di basket (e con l’Alma Trieste in corsa per tutti e quattro i primi posti nel girone Est), è arrivata nelle scorse ore la prima piccola certezza. E precisamente quella che arriva dalla scelta ufficiale della Lauretana Biella – prima assoluta della seconda serie nazionale – che ha optato per domenica 30 aprile quale giornata del 1°turno di post-season.

Con tale scelta, il tabellone play-off avrà queste date agli ottavi di finale:

Sequenza Adomenica 30 aprile, martedì 2 maggio, venerdì 5 maggio, domenica 7 maggio (event.) e mercoledì 10 maggio (event.) per questa parte di tabellone:

1° ovest – 8° est

4° est – 5° ovest

3° ovest – 6° est

2° est – 7° ovest

Sequenza B lunedì 1° maggio, mercoledì 3 maggio, sabato 6 maggio, lunedì 8 maggio (event.), giovedì 11 maggio (event.) per questa parte di tabellone:

1° est – 8° ovest

4° ovest- 5° est

3° est – 6° ovest

2° ovest – 7° est

Nel caso specifico di Trieste:

  • se arriva o , finirà nella parte di tabellone della sequenza A e avrà pertanto la prima partita in casa domenica 30 aprile;
  • se arriva invece o , finirà nella parte di tabellone della sequenza B e avrà quindi la prima partita all’Alma Arena lunedì 1° maggio.
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Ci sono partite particolari che restano nella mente dei tifosi. Ce n’è una, tra le tante viste in (quasi) 38 anni di età, che mi permetto di fare mia per tutto quello che seppe regalarmi, a livello di intensità emotiva e di adrenalina: il derby del “lontano” 8 aprile 2001  tra Udine e Trieste rappresentò – per chi scrive queste righe – un’esplosione di sensazioni, che colmarono con la gioia biancorossa di sbancare il “Carnera” forse nella maniera più bella possibile.

Quella del 2000/01 fu una stagione diametralmente opposta per quelle due squadre: una Snaidero col vento in poppa, che arrivava dalla promozione ottenuta nel precedente campionato di A2, nel girone di andata sorprese al PalaTrieste una Telit in difficoltà, tenuta a galla dai 36 punti di Scoonie Penn. Dopo quella sconfitta non si respirava una grandissima aria dalle parti di Via Locchi: per certi versi, fu forse proprio quel rovescio a dare un’ulteriore spinta alla serie di cambiamenti di carattere tecnico che si sarebbero succeduti qualche settimana più tardi.

La brillante Trieste, che riuscì solo qualche mese prima a conquistare i quarti di finale play-off scudetto, era divenuta  pressoché un lontano ricordo per i supporters biancorossi, costretti a soffrire per buona parte del campionato a causa di una situazione difficoltosa sul lato della classifica. L’avventura di Luca Banchi sulla panchina giuliana era ormai agli sgoccioli, si optò – con risultati poi fortunatamente confortanti – alla “cura Pancotto”, affidando al tecnico di Porto S.Giorgio un team in balìa della sua stessa sfiducia. Quella Telit riuscì alla fine della stagione a salvarsi in carrozza, vincendo addirittura a marzo in casa della Kinder Bologna dei vari Ginobili, Jaric e Griffith: ma per certi versi, con un mese di anticipo, più di qualcuno pensava già al “retour match” in Friuli. L’immagine degli arancioni trionfanti sul parquet di Valmaura (e con Teo Alibegovic, ex di turno, a fare il gesto del silenzio alla curva giuliana a fine partita) fungeva – a distanza di un girone – quasi come un blocco di cemento armato sul gozzo: restituire la pariglia alla Snaidero, proprio sul suo campo, era il desiderio che a Trieste si cullava con grande vigorìa. 

Grazie a una amica di Udine, riuscimmo a ottenere dei biglietti-omaggio per il settore centrale del “Carnera”. Eravamo lontani dai tifosi “amici”, tant’è che per quaranta minuti interi diventammo dei veri e propri spettatori…stitici, allo scopo di evitare inutili fastidi con chi ci stava accanto. Ricordo ancora adesso quanta tensione avevo in corpo: in fondo, ci tenevo pure io a uscire da quell’impianto con il sorriso stampato sulle labbra. Non fu una partita bellissima sotto il piano della spettacolarità, con le squadre stesse a fare i conti con pochissima tranquillità interiore (e con percentuali quantomai rivedibili dalla lunga distanza). L’allora Telit trovò grandi soluzioni sotto canestro, con Podestà e Shaw (con quest’ultimo che, dalle nostre parti, viene ricordato solamente per il tiro libero sbagliato senza prendere nemmeno il ferro, proprio nella gara di andata contro Udine…) a ergersi grandi protagonisti in pitturato: Trieste accelerò nel terzo quarto, con la “mano armata” di Gurovic a regalarle il +10 a dieci dal termine. Ma nel cuore di tutti i giuliani presenti quel giorno era grande la consapevolezza di non averlo già chiuso in anticipo, quel match. E l’“aracnofobia” della difesa biancorossa contro il “ragno” Charles Smith, indigesto in entrambe le sfide di quel campionato, portò la Snaidero avanti di un punticino a sette minuti dalla fine.

Stavo per diventare arancione pure io, alla stessa stregua delle tante sciarpette indossate dal pubblico di casa: un piccolo “incubo sportivo” si stava per materializzare nuovamente dopo quell’80-83 di inizio gennaio. Ma in quella Trieste targata 2000/01, con tanto talento individuale nel roster (Dante Calabria e lo “zar” Sergej Bazarevitch vi dicono niente?), proprio nel momento più opportuno strabordò l’incredibile leggerezza d’animo di Peter Sauer, sfortunatissimo atleta che una decina d’anni dopo lasciò questo mondo a causa del suo cuore ballerino. Ad eccezione della gara interna contro Rimini, risolta anch’essa allo scadere, “Pete” fu uno di quelli che sin lì aveva lasciato pochi segni in quella stagione, recitando più il ruolo di gregario che non quello di prima donna all’interno della squadra. Ebbene, quella palla rubata a Lasa a 35” dalla fine per il sorpasso definitivo della partita, rimane per il sottoscritto (e credo per tutti coloro che ebbero la fortuna di assistere dal vivo) un istante indelebile, che di fatto scrisse una piccola ma brillante pagina di storia giuliana prima del doloroso fallimento di qualche anno dopo. Alla sirena finale staccai provvisoriamente il cervello, feci una lunga corsa verso l’esterno e – lontano da occhi indiscreti – esultai come un pazzo in mezzo a una parte semi-deserta del parcheggio. Sì, la Telit ce l’aveva fatta. Ce l’avevamo fatta tutti noi triestini. E il viaggio di ritorno non poteva essere più dolce di quello che subito dopo intraprendemmo, alla volta di casa.

Perché scrivere questa filippica, oltre al puro ricordo e al semplice amarcord? C’è un motivo: la sfida tra Udine e Trieste, nelle gioie e nei dolori delle rispettive tifoserie, ha sempre regalato emozioni intensissime. E viverle nella maniera giusta, a partire da quello di domenica a Cividale tra Gsa e Alma, rappresenta potenzialmente un’altra, deliziosa pagina di basket delle nostre zone.  Vivetela tutti voi, friulani e giuliani, come una festa dello sport. E di questo fidatevi non del sottoscritto, ma delle parole sulle colonne del quotidiano locale pronunciate dal “Pec” che – in fatto di serenità – ha fatto ormai da anni un bellissimo “voto”…

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