LUNEDÌ 22 GENNAIO 2024

– Quarto o quinto posto. Sperare di azzeccare un filotto e che Udine perda le ultime due partite pare una prospettiva improbabile. Per la Pallacanestro Trieste intanto è vietato fallire mercoledì sera. Il recupero alle 20 con Chiusi obbliga la squadra di Jamion Christian a dare un forte segnale di risveglio dopo l’imbarazzante, fallimentare prestazione di Cividale.
Come scrive oggi Roberto Degrassi su “Il Piccolo”, la partita con i toscani è una chance indispensabile per non scendere ulteriormente in classifica: attualmente i biancorossi sono quarti a pari punti con Verona e pur dovendo rendere ai veneti il saldo canestri li precedono avendo disputato una partita in meno. Vincendo, il quarto posto verrebbe confermato. L’opzione alternativa meglio non considerarla: deflagherebbe la crisi e lo scollamento con i tifosi diverrebbe definitivo. Quando davanti già si prepara il secondo giro della formula della A2, la fase a orologio.
È il caso di cominciare a fare qualche ragionamento sulla seconda fase che – almeno per qualche giornata – Trieste affronterà senza Justin Reyes. Le condizioni di Michele Ruzzier, uscito anzitempo dal parquet di Cividale per la distorsione a una caviglia, non destano invece preoccupazione e dovremmo rivederlo in campo prima che si chiuda la prima fase. Il regolamento della fase a orologio prevede che ogni squadra affronti in trasferta le cinque formazioni dell’altro girone che precedono la sua posizione in classifica mentre ospiterà le cinque del girone verde che la seguono. In sostanza, se Trieste confermerà l’attuale quarto posto dovrà andare a trovare la prima, la seconda, la terza, l’ultima e la penultima del girone verde mentre al PalaTrieste arriveranno i team dal quinto al nono posto.
I biancorossi possono già programmare tre trasferte e due di queste sono quelle che qualsiasi pretendente alla promozione vorrebbe evitare: Trapani e Cantù. Scontato anche il raid a Latina, ultima dell’altro girone. Probabile inoltre che ci sia da viaggiare anche fino a Torino dagli ex Ciani e Schina. Se è vero che è nei play-off che si costruisce una promozione è anche vero però che si sono modi più semplici per arrivarci. A Valmaura invece arriverà la squadra delusione del girone verde, Treviglio, solo settima nonostante gli ingaggi estivi di AJ Pacher, Miaschi e Guariglia.
MERCATO Ad ammetterlo sono in pochi ma tutte le squadre stanno monitorando il mercato per cercare rinforzi. La questione stranieri non riguarda Trieste che non ha più visti da spendere e se Reyes si ristabilirà in tempi brevi non ha nemmeno necessità di intervenire su quel fronte. Resta in piedi invece la partita degli italiani anche se nessuno dovrebbe muoversi dal piano di sopra sino a fine mese.
Per la cronaca ieri Woldentensae per la terza partita consecutiva ha assistito in panchina per 40 minuti alla sconfitta interna di Varese con la Virtus Bologna. “N.e.” anche per Virginio ma il lungo varesino, benchè accessibile, non sarebbe quel profilo di giocatore che invoglierebbe Trieste ad allargare i cordoni della borsa pensando di svoltare il campionato. Sicuramente più stimolante, invece, Eric Lombardi che a Brindisi sta vedendo ridursi il minutaggio: ieri dieci minuti con tre punti nel ko del PalaPentassuglia con Napoli. In grado di occupare entrambi gli spot d’ala ha atletismo ed esperienza e se arrivasse in via Flavia eleverebbe la solidità dei biancorossi. Ma le scelte devono farle Christian e Arcieri.
– Nessuna squadra o quasi è perfetta. E come scrive oggi Ciro Esposito sul quotidiano locale, nemmeno la Triestina di Tesser lo è. O meglio non è strutturata per dominare un campionato eppure non è scontato che non possa vincerlo. Perché l’Unione di Tesser, con alcuni limiti presenti anche per la scelta del club di investire su alcuni giocatori da far crescere, è una squadra solida e con qualità tecniche di alto livello. Questo è l’elemento emerso dalla partita del Piola. Una partita che per trame di gioco ed intensità di entrambe le contendenti raramente si vede in questa categoria. È va reso merito alla Triestina di essere stata in grado di tenere testa ai piemontesi (sconfitti in questa stagione al Piola solo nelle ultime due gare) in un confronto di livello per l’intero arco del match, subendo poco (solo un vero sbandamento a inizio ripresa) e soprattutto creando una mezza dozzina di occasioni. Con maggior determinazione in zona gol gli alabardati avrebbero potuto vincere senza l’ausilio della giocata coraggiosa e fortunata di El Azrak in extremis. Questo è un limite già emerso in altre circostanze come alcuni limiti di personalità nelle uscite sono evidenti in chi difende la porta (Matosevic o Agostino). Si può continuare nella disamina sulla rosa evidenziando come qualche uomo d’esperienza in grado di scandire i ritmi del gioco sarebbe molto utile nella gestione dei momenti più delicati di certe partire. Ma anziché concentrarsi su quel che manca (a meno di colpi poco probabili nel mercato di gennaio) a questo punto è meglio concentrarsi su quello che c’è. In primis la Triestina è una squadra che ha sempre reagito con prestazioni di livello all’indomani di qualche caduta. Non è solo una questione di vittorie (importantissime) ma soprattutto è chiaro come il gruppo stia crescendo in personalità. E non bisogna dimenticare che quest’estate la nuova proprietà sia entrata in corsa, abbia scelto un nuovo allenatore e che Tesser abbia dovuto forgiare una gruppo profondamente rinnovato in un ambiente disilluso dall’ultima disastrosa stagione. La nuova società rifondata da Rosenzweig e risanata a suon di milioni non ha mai chiesto una promozione immediata ma l’ha programmata nel tempo così come è stata delineata una programmazione che sia economicamente sostenibile.
Su questa direttrice è stata ispirata la campagna trasferimenti gestita da Alex Menta. Si poteva e si può fare qualcosa in più? Ogni attività umana è perfettibile ed è logico che nel tempo vada perfezionata.
I tifosi vorrebbero vincere subito ed è una legittima aspirazione. E anche Tesser non è certo il tipo di allenatore che si accontenta. Lo dice la sua storia, lo si vede in ogni partita dall’atteggiamento della squadra sempre propositivo e proiettato alla vittoria. Questa mentalità è una base sulla quale lavorare nei prossimi mesi. Il numero di vittorie e quello dei gol segnati ottenuto finora non ha precedenti nella storia recente dell’Unione. Lo sviluppo positivo per intensità e concentrazione (così come il risultato) della gara di Vercelli, grazie anche al rientro buono anche se non ancora al top di Lescan o, ha evidenziato come la terza piazza sia quasi in cassaforte.
Ci sono adesso tutti gli elementi per guardare avanti con convinzione e senza pressione. Di partita in partita la Triestina può costruire le condizioni per disputare un ottimo play-off ed eventualmente per sfruttare al massimo eventuali passi falsi di chi la precede in classifica. Per una squadra che un anno fa aveva quasi trenta punti in meno in classifica e un futuro nebuloso non è poco. Mancano ancora 16 gare di regular season. L’Unione e i suoi tifosi tornano da Vercelli con un’iniezione di fiducia prima di due sfide casalinghe nel solito esilio di Fontanafredda.
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Di una cosa siamo e saremo per sempre convinti un po’ tutti: che, per la Pallacanestro Trieste e i suoi tifosi, il 2023 che fra qualche ora ci metteremo definitivamente alle spalle è stato un anno solare tutt’altro che da incorniciare. E a distanza di 365 giorni fa, quando i piedi biancorossi erano ancora ben puntati in serie A, di cose su cui ragionare ce ne sono indubbiamente parecchie.

Era il 30 dicembre 2022 quando arrivò l’annuncio ufficiale della firma dell’accordo per il passaggio del 90% delle quote a Cotogna Sports Group. Un matrimonio che ha reso “a stelle e strisce” un sodalizio che nel recente passato aveva vissuto di tanti momenti di incertezza, specie dopo la fine della sponsorizzazione Allianz, che indubbiamente ha dato ossigeno alle casse societarie. E un progetto che, proprio per bocca del presidente Richard De Meo, voleva essere sin da subito da “dimensione europea”, con pensieri legati anche a partecipare a una coppa continentale. Propositi per il momento messi da parte, visto che la retrocessione arrivata nello scorso mese di maggio ha riportato tutti con i piedi per terra.

A2, quindi. Una categoria che non volevamo più vedere nemmeno con il binocolo ma con la quale giocoforza abbiamo nuovamente imparato a conviverci negli ultimi mesi. E quella volontà di “rinascita” (pardon, di “rebirth”, seguendo il claim estivo) necessaria dopo i tanti errori di gestione e di valutazione degli ultimi, delicati periodi al… piano di sopra. Ci sono due nuovi “timonieri”, tra un coach come Jamion Christian spuntato fuori in estate a sorpresa per il dopo-Marco Legovich e un GM come Michael Arcieriche tanto bene aveva fatto a Varese e che da qualche mese è chiamato nell’ingrato e affascinante compito di riportare la Pallacanestro Trieste nella massima serie. E questa prima parte di stagione, chiusa con l’attuale quarto posto in classifica nel girone rosso (c’è ancora da recuperare una partita) si riassume perfettamente con la parola “rodaggio”. Termine che parecchio stiamo sentendo nominare nelle conferenze stampa, a delineare che la banda biancorossa nella sua interezza è ancora una macchina che non va a pieni giri di motore, con qualche borbottio di troppo qua e là. E che probabilmente, in mezzo a tante “Ferrari” avversarie, ha necessariamente bisogno ancora di uno step bello grande da fare per arrivare in tarda primavera a essere una seria pretendente per uno dei due posti che regalano la A. Di fatto, questo è un segreto di Pulcinella che tutti conoscono e che – se può essere considerato un vantaggio – non permetterà a Trieste di vivere adagiata sugli allori da qui in avanti.

“Corri vai non ti fermare, che di strada ce n’è ancora tanta sai”: parafrasando Max Pezzali (e ci scusiamo se averlo nominato turberà il sonno di qualche tifoso della Triestina, causa concerto al “Rocco” del prossimo mese di giugno…), il cammino giuliano nel 2024 sarà quello nel segno della… rincorsa. C’è ancora tanto da fare prima di pensare nuovamente in grande, sino a qui Trieste si è indubbiamente costruita un’identità di protagonista d’alta classifica ma al tempo stesso non ancora quella di un team che “tremare il mondo fa”. Da qui riparte l’anno nuovo: a caccia di una “rinascita” non facile, ma al tempo stesso possibile, cercando di allontanare definitivamente quei malumori che piovono dalle tribune di Valmaura…

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Diciamocela tutta: vincere così un derby vale doppio. Ma quanto quel 57-54 di ieri sera potrà realmente spostare l’ago del barometro ben lontano dai punti interrogativi di inizio stagione, lo scopriremo strada facendo. Di fatto – e alla fine va bene così, perché è giusto che l’eco del risultato di ieri contro l’Apu si propaghi ancora per un po’ – per la Pallacanestro Trieste due punti catturati in questa maniera sono grasso che colano. E guardando a ciò che accadeva qualche settimana fa, tra la “ripassata” data dalla Fortitudo a Valmaura e la poco convincente prestazione con annessa sconfitta sette giorni dopo a Verona, è evidente che le ultime “W” con Piacenza e Udine hanno rimesso in marcia una squadra biancorossa che sembrava sfiduciata. E che di riffa o di raffa è tornata a regime con i ritmi delle prime della classe, pur sapendo perfettamente di non brillare ancora di luce propria.

Non nascondiamoci dietro un dito: la Trieste di Jamion Christian dovrà lavorare ancora tanto per trovare una quadra necessaria per essere tra le migliori della classe. Ma indubbiamente, se c’era un segnale da lanciare, i giuliani lo hanno fatto sia al PalaBanca mercoledì scorso che al PalaTrieste ieri. Non belli da vedere, certo, ma la crescita di squadra passa inevitabilmente anche da vittorie come quelle di ieri. Sporche ma terribilmente utili, di quelle che cementano un gruppo che sembrava già in balia di se stesso. E con protagonisti diversi (lo era stato Filloy a Piacenza, a suo modo lo è stato Brooks ieri con quella tripla che ha tirato giù mezzo palazzo dello sport), perché di zampate improvvise e importanti ne servono tante anche in serie A2.

La strada è lunga e tortuosa, c’è un altro derby che attende i biancorossi domenica prossima contro una Cividale ben nota per essere da sempre una sorta si mina vagante. Ma al tempo stesso forse val la pena godersi ancora per un attimo l’orgoglioche questo team ha fatto vedere negli ultimi passaggi, così come quella sorta di insperato killer instinct trasudato nelle fasi decisive degli 80 minuti di gioco che ci siamo messi alle spalle. Certo, conta recuperare tante individualità ancora non all’altezza della situazione, ,a in questo momento, con così tanti sorci verdi già passati davanti, era tutt’altro che scontato rimettere velocemente la barra dritta a livello di risultati positivi. E da qui si può ripartire, perché in mezzo ai tanti passaggi a vuoto questo team dimostra sicuramente di avere un’anima. Per il “basket champagne” c’è ancora da attendere…

(da Citysport.News di lunedì 6 novembre 2023)

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Ancora una volta battuta, ancora una volta contestata dai propri tifosi (stavolta in trasferta). Doveva essere riscossa per la Pallacanestro Trieste e invece la “Fatal Verona” amplifica ancor di più uno status che è definitivamente diventato preoccupante. Certo, qualcosina in più si è visto ieri contro la Tezenis rispetto alla figuraccia contro la Fortitudo (francamente, ci voleva poco…), ma ciò che conta è il risultato. E in una serie A2 dove nulla può essere concesso, ecco che la terza sconfitta di fila è figlia di uno spartito visto troppe volte in così poche partite giocate. E ciò che forse è più grave, è che non sembra esserci nulla all’orizzonte di “rivoluzionario” per tentare di invertire la rotta.

Così facendo, si va sempre più alla deriva. Ci potrebbero dire “guardate che siamo appena alla sesta di campionato, guardate che stiamo lavorando, vedete di fare il vostro lavoro e di dare fiducia al progetto”. Progetto, appunto: quello estivo sta facendo un po’ acqua da tutte le parti: perché la “scossa tecnica” che doveva dare Jamion Christian con le sue novità portate da oltreoceano sin qui è insufficiente, delle tante spiccate individualità da cui Trieste potrebbe uscire dalle secche nei momenti difficili c’è in pratica solo Reyes a cantare e portare la croce, da tre partite a questa parte l’intera squadra finisce per essere messa sistematicamente sotto scacco più per demeriti propri che per meriti altrui (e lo ripetiamo ancora una volta: 19 palle perse è qualcosa che difficilmente può essere spiegato da un team con tanti giocatori d’esperienza). È dunque questo il cammino che si vuole continuare a intraprendere?

Con una settimana alle porte che diventa drammaticamente importante, non solo per la classifica che già piange (i biancorossi sono più vicini alla zona play-out che alla testa del girone…) ma per la credibilità di un’intera stagione che rischia di diventare anonima già dopo poco più un mese di regular season, la sostanza è che prima della trasferta di mercoledì a Piacenza e del derby in casa di domenica prossima contro Udine di “rivoluzioni” non ne vedremo proprio. In casa biancorossa si punta a risolvere i peccati originali esclusivamente con la parola “lavoro”, la verità è che temporeggiare troppo – non mettendo mano proprio al progetto che recita “in A2 saremo solo di passaggio”, strombazzato dopo la retrocessione dello scorso maggio – è un rischio che non ci si può permettere. Già in questa fase, già dopo appena sei giornate di campionato. E con una disaffezione da parte dei tifosi triestini che non si vedeva da decenni, che forse è la variabile peggiore all’interno di un momento così complesso.

(da Citysport.News di lunedì 30 ottobre 2023)

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Tre amichevoli in cinque giorni: hai voglia a dire “sarà una settimana intensa” ai giocatori della Pallacanestro Trieste, chiamati a partire da martedì sera nella sfida contro i “Tori” di Kapfenberg (palla a due al PalaPaliaga di Monfalcone alle 20, ingresso gratuito) e al tempo stesso a far vedere i progressi derivanti da un’intera settimana – quella che ci si è ormai messi alle spalle – di allenamenti.

Prima il match nella cittadina dei cantieri nell’ambito della ventesima edizione della BSL, poi nel prossimo weekend il quadrangolare con Forlì (che Trieste affronterà venerdì 1° settembre alle 19), Cividale e Vigevano al “Memorial Bortoluzzi” del Lignano Basket. Di occasioni per rivedere in campo la squadra che ha sofferto parecchio martedì scorso a Valmaura contro BYU Cougars  (con tutte le giustificazioni del caso, dopo così pochi giorni di preparazione atletica nelle gambe) ce ne saranno parecchie. E anche se l’inizio di campionato è lontano, non lo è invece la Supercoppa di metà settembre, primo vero impegno ufficiale della banda di coach Christian. Ed è logico che già nelle prossime tre amichevoli – seppure così ravvicinate – l’asticella dovrà per forza di cose essere alzata.

Da dove si riparte, dunque? Senza dubbio, da un “feeling” di squadra che deve portare la Pallacanestro Trieste a fare maggiormente ordine nella costruzione del proprio gioco offensivo. Contro BYU le 23 palle perse sono l’inevitabile passaggio obbligato di un team che ha ancora una propria identità da plasmare. Con i “big” di squadra che già hanno vedere buone cose attaccando il canestro avversario (Filloy e Ferrero hanno già dimostrato mani sufficientemente calde dalla lunga distanza, Ruzzier si è già messo in “modalità-metronomo” ad attaccare le difese altrui in uno contro uno, nonostante qualche turnover), ora lo step successivo è naturalmente quello di mettere un po’ più di pulizia in ogni metà campo. Con annessa curiosità di rivedere all’opera Eli Brooks, “freddino” al tiro martedì scorso ma con quei sei assist e ben nove rimbalzi conquistati a far capire che il prodotto di Michigan Wolverines può (anzi, deve) ritagliarsi una propria dimensione  che non deve essere per forza di cose “monocorde” all’interno di questo team.

Spazio quindi alla ricerca della chimica di squadra ma anche agli… esperimenti. Anche perché, per come si continua a professare nelle tante conferenze stampa organizzate (e in tal senso, complimenti alla società per essere così presente in questi appuntamenti con gli addetti ai lavori, rispetto solo a quanto succedeva qualche mese fa…), per diventare la squadra da battere bisognerà essere preparati a tante soluzioni nuove sul parquet. E se Jamion Christian potrà davvero essere il “pioniere” di un nuovo modo di intendere il basket a queste latitudini, lo scopriremo molto presto…

(da Citysport.news, foto Matteo Nedok)

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“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”: è stata questa una frase tanto cara nella carriera di Andrea Coronica, che da ieri ha ufficialmente appeso le scarpe al chiodo anche perché quelle dannate ginocchia non ne hanno proprio voluto sapere di lasciarlo giocare ancora per un pochino a basket. E di responsabilità “Coro” ne ha saputo conquistarsene parecchie, arrivando sino a essere capitano della Pallacanestro Trieste e ad alzare una Supercoppa LNP e soprattutto regalandosi una promozione nella massima serie che ora questa piazza è costretta nuovamente a inseguire.

“Spero di rimanere a Trieste e di crescere come giocatore davanti alla mia città, e perché no, diventare il capitano della squadra della mia città. Ma questo è un sogno più che altro” affermò Coronica nel 2014, in piena epoca “dalmassoniana” quando in A2 c’era davvero bisogno di una squadra operaia per riuscire a fronteggiare i pochi denari a disposizione a livello di budget. Perché alla fine della fiera, a “Coro” non interessava diventare un campione NBA: bastava indossare la maglia biancorossa e farla diventare la sua seconda pelle. Quel sogno è poi diventato realtà qualche anno più tardi, per un ragazzo che ha sempre colpito tutti per umiltà, voglia di mettersi a disposizione, spirito di servizio e un grande, grandissimo attaccamento allo spogliatoio e ai suoi compagni di squadra. Perché Andrea ha sempre incarnato il giocatore che tutti gli allenatori vorrebbero allenare, in barba a una tecnica magari non eccelsa “calpestata” però dall’entusiasmo di far parte della squadra della propria città. Un qualcosa che nessuno gli potrà mai portare via.

Oltre a questo nostro piccolo contributo, di tributi a Coronica se ne potrebbero fare parecchi. Ma forse quello più importante è arrivato due estati fa nel campetto di piazza Carlo Alberto, quando a sorpresa la Curva Nord (con la complicità del suo grande amico Stefano Bossi) gli regalò un pomeriggio di emozioni, di cori e di ringraziamenti subito dopo l’addio alla maglia della Pallacanestro Trieste. Il suo grande “sogno” si era concluso da poco, ma con l’orgoglio di esserci stato nei momenti bui e in quelli belli. Sempre col sorriso stampato in volto, tenendo sempre alto il nome della sua città in giro per l’Italia. E con quella seconda pelle addosso che continuerà a vestire anche lontano dal parquet.

Grazie di tutto, “Coro”!

(da Citysport.news)

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Con il mercato estivo che finalmente si è concluso ieri con la firma di Justin Reyes, la Pallacanestro Trieste è dunque pronta ad affrontare il prossimo campionato di serie A2. Ma la squadra plasmata dal GM Michael Arcieri sarà davvero in grado di sbaragliare la folta concorrenza e arrivare alla fine della prossima primavera alla promozione in A?

Premettendo che – come sempre – sarà il parquet a definire il successo o meno del gruppo allenato da Jamion Christian, un primo banalissimo bilancio di quanto operato dalla società giuliana in questi mesi post-retrocessione può già essere fatto. E la sensazione più tangibile è che da una parte si sia voluto operare in un ambito di “usato garantito”, riconfermando buona parte del roster italiano dello scorso anno e puntando su cavalli di battaglia come Ferrero e Filloy che al… piano di sotto possono fare tanto male alle difese avversarie, nonostante una carta di identità non più così verde.

Quello che è certo è che, in tutto e per tutto, è per ampi versi la squadra che proprio Arcieri aveva in mente. Con tantissimi tiratori da tre (e a occhio nudo, sarà proprio la percentuale dai 6 e 75 a diventare una delle variabili di successo o meno di questa squadra), probabilmente “leggerina” in pitturato (tenendo conto della propensione di Candussi a prendersi responsabilità importanti anche dalla media e lunga distanza, è il solo Vildera a essere centro indiscusso nello scacchiere biancorosso) e con due grandi scommesse che – se verranno vinte – faranno tutta la differenza del mondo.

La prima è indubbiamente rappresentata dal coach: Christian arriva a Trieste carico a pallettoni per questa nuova avventura oltreoceano, ma dovrà saper gestire alla perfezione un gruppo costituito in gran parte da giocatori italiani. In un ambito a lui “sconosciuto” come quello del campionato di serie A2, dove potrà comunque sicuramente portare innovazioni e un pizzico di imprevedibilità nelle scelte tecniche anche grazie a tutti gli anni passati in NCAA tra Washington Colonials, Siena College e Mount St. Mary University. La seconda è anch’essa a stelle e strisce e porta il nome di Eli Brooks: dando per scontato che la “fragilità fisica” di Reyes – dopo l’operazione al menisco dello scorso dicembre e i successivi problemi trascinati sino a fine stagione – sia cosa definitivamente superata per il giocatore di passaporto portoricano, molte delle fortune biancorosse del prossimo campionato passano inevitabilmente dalle mani del nativo della South Carolina. In un reparto pieno zeppo di alternative, da un lato Brooks potrà crescere senza l’assillo di avere subito troppa responsabilità sulle spalle. Come rovescio della medaglia, la combo guard ex Fort Wayne Mad Ants dovrà comunque metterci subito del suo per diventare quell’eccellente difensore e solidissimo tiratore che li hanno valso la chiamata in Pallacanestro Trieste.

Alla fine della fiera, è una squadra sulla carta molto solida per la categoria quella che si appresta a iniziare le proprie fatiche, con qualche piccolo interrogativo ma al tempo stesso con la consapevolezza che si può diventare la squadra da battere, specie se si riuscirà a trovare la chimica giusta sin dai primi impegni ufficiali (leggi, Supercoppa di inizio settembre). In un campionato lunghissimo tra regular season, fasi ad orologio e play-off, conterà sbagliare poco. E questo potrà essere sia motivo di sprone che la più classica delle spade di Damocle: adesso la parola passa al campo.

(da Citysport.news)

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Il mix tra “usato garantito” e un volto nuovo, quello in panchina: ovverosia, tutto ciò che possa aiutare alla causa per viaggiare il più in alto possibile nella prossima stagione. Se poco meno di sette giorni fa l’”Attesa infinita per l’allenatore” era tutto ciò su cui si discuteva sui social, da qualche giorno a questa parte l’arrivo di Jamion Christian come head coach ha di fatto “stappato il tappo” in Pallacanestro Trieste per l’ufficializzazione di diversi giocatori. E, nel mercato estivo biancorosso, al momento ci sono tantissimi volti noti e poche, reali scommesse: da già ufficializzati Bossi, Deangeli e Candussi ai vari Vildera, Filloy e Ferrero (quest’ultimo uscito di scena da Varese e preso per mano dal GM Arcieri allo scopo di dare punti ed esperienza al sodalizio giuliano) che con buona probabilità verranno ufficializzati a strettissimo giro, la prima parte di roster è in pratica già definita.

Lo si diceva qualche tempo fa: la volontà di Richard De Meo e di tutto l’entourage della Pallacanestro Trieste è quello di lavorare sottotraccia, con pochi proclami se non quello già abbondantemente urlato ai quattro venti di voler restare davvero poco in A2. Al netto delle difficoltà che inevitabilmente la banda di Christian troverà sul proprio cammino (22 giornate di regular season, 10 di fase ad orologio e tutti i playoff è roba da far già tremare i polsi, pensando che servirà un mucchio di continuità di rendimento lungo la stagione), la fase “calda” di mercato arriva proprio adesso. Perché sicuramente Arcieri tornerà a Trieste da Las Vegas in queste ore con un taccuino pieno zeppo di ipotesi sui due giocatori americani da infilare nel roster, oltre a definire ciò che ancora manca nel reparto italiani (leggi: Ruzzier deciderà di cedere alle lusinghe di Trento o c’è ancora spazio di manovra per riaverlo qui? Una possibile trattativa che porta a Moraschini è ancora valida, dopo i rumours delle scorse settimane?).

Sono ancora molte le caselle da riempire, con una certezza: “indovinare” la coppia USAdiventa essenziale per dormire su due guanciali. Con tutti gli annessi e connessi del caso, poiché il blocco dei tesseramenti prima della fase dei playoff (deciso nell’ultimo Consiglio Federale) non permetterà di effettuare ritocchi a ridosso della fase più calda del campionato. Ed è proprio che questo motivo che l’esperienza di Michael Arcieri diventa importantissima per portare a Trieste le pedine a stelle e strisce giuste. C’è solo da aspettare, attendendo anche la presentazione della campagna abbonamenti 2023-2024 in programma nei prossimi giorni, in presenza anche del presidente De Meo e di Prab Sekhon per il gruppo CSG. E anche in questo caso non si dovrà sbagliare: la rinascita dovrà ripartire con un palazzo dello sport “caldo” e pieno zeppo di tifosi.

(tratto da Citysport.news)

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Così come era arrivato da sbarbatello nella stagione 2015/2016, in qualità di assistant coach assieme a Matteo Praticò durante l’era “dalmassoniana”, così Marco Legovich se ne va dalla Pallacanestro Trieste: in punta di piedi. Ma è – detto fuori dai denti – un addio dal retrogusto amarognolo. Perché al netto di responsabilità personali (e un capo allenatore inevitabilmente paga per primo una dolorosissima retrocessione sul campo come è stata quella rimediata a inizio maggio), quello che si è consumato ieri è stato un benservito che forse, per modi e tempi, poteva essere fatto in maniera diversa.

Un inizio complicato di campionato, poi una salita sugli scudi a portare Trieste a ridosso della zona playoff, poi ancora nuove difficoltà sino a quel maledetto 6 maggio a tranciare di netto i sogni di un giovane allenatore che sognava di poter vincere una sfida bella e al tempo stesso da far tremare i polsi. È un film che “Lego”, per tutto il lavoro fatto e per le tanti notti insonni trascorse dal primo allenamento della scorsa estate sino all’ultima (maledetta) sfida di campionato, lo rivedrà ancora parecchie volte nei mesi a venire. Il rammarico c’è, da parte di tutti (in primis in quel Richard De Meo che probabilmente più di chiunque altro non avrebbe voluto ricorrere a questa mossa), ma per tenere la barra dritta nel momento che contava Marco Legovich è stato forse lasciato troppo da solo a non far affondare la barca giuliana. E in mezzo alla tempesta, non è detto che qualcuno di più esperto ne sarebbe uscito diversamente.

Si chiude dunque un capitolo di storia biancorossa, quello di un claim “Audaci” che va in cantina non pagando dividendi, per fare spazio a una politica societaria dove conta il risultato, senza guardare troppo ai sentimentalismi. In attesa di capire chi sarà, citando le parole di De Meo del comunicato stampa di ieri, “un head coach che possa contare su una lunga esperienza in panchina” (e il toto-allenatori è ufficialmente partito), vale la pena ancora una volta fare un in bocca al lupo a “Lego”. Quel suo “Per Trieste, sempre”con cui ha chiuso la sua parentesi biancorossa tramite una storia sul suo profilo Instagram, fa capire perfettamente l’amore e l’orgoglio che questo ragazzo ha riposto in un cammino che non lo ha certamente premiato. Di questo, anche i suoi detrattori dovranno prenderne atto.

(Dal numero di Citysport.news di lunedì 26 giugno 2023)

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Fa male. Male da morire. E forse averla vissuta da vicino, a fianco come sempre di una squadra che ci vede prima di tutto tifosi che semplici cronisti, intensifica il malessere che inevitabilmente ci porteremo dentro per parecchio tempo. La Pallacanestro Trieste cade, e cade fragorosamente, nell’appuntamento più importante della stagione: lo fa nel peggiore dei modi, arrendendosi troppo presto davanti a una Brindisi che ha fatto semplicemente il proprio dovere sul parquet, da squadra seria qual è. E dopo la sbornia di sette giorni prima con la vittoria contro Verona, che incontreremo nuovamente al piano di sotto, il calice amaro da buttare giù assomiglia a una damigiana. Ma sia chiaro, una volta per tutte: è inutile piangere su quanto hanno fatto le altre squadre, che invece la serie A se la tengono stretta. Trieste era padrona del proprio destino e l’ultima carta se l’è giocata davvero male.

Uscire dal PalaPentassuglia, sapendo che d’ora in avanti ci attende nuovamente il purgatorio della A2 da cui sarà naturalmente complicato riemergere (visto anche il quantitativo industriale di nobili decadute a fare tanta fatica nel rimettere piede nell’Olimpo del basket italiano…), porta naturalmente a una serie infinita di domande. Si poteva evitare tutto questo? Certo che sì, al di là di un percorso ad ostacoli durato una stagione intera in cui Trieste è partita malissimo, ha saputo rialzarsi in corso d’opera ma ha fallito clamorosamente il finale. Certo, tra tutte c’è la questione-Davis ad aver pesato come un macigno (e, col naturale senno di poi, l’aver affidato praticamente tutta la cabina di regia a Ruzzier e Bossi nelle ultime giornate, senza dotarsi di un rimpiazzo, si è trasformato in un gioco d’azzardo che non ha pagato). Ma la verità è che, da un mese di gennaio scintillante contrassegnato da quelle quattro vittorie di fila che avevano addolcito la bocca di tutti – con annesso qualche pensiero sconcio anche in chiave playoff – nelle 13 partite seguenti Trieste ha vinto solo tre volte. Quando le cose stanno così, maledire alcuni risultati “strani” degli altri campi ha senso fino a un certo punto. E continuare a puntare il dito su questo ambito è un esercizio che non ha più senso.

Una retrocessione porta inevitabilmente sul banco degli imputati una società che, alla fine della fiera, si è ritrovata con il cerino in mano e che non ha saputo trovare il modo di dare la scossa giusta per evitare di abbandonare la massima serie dopo cinque anni. Di riflessioni da fare ce ne sono a bizzeffe, c’è una proprietà nuova che ieri sera, con una A2 sul groppone, si è fatta sentire con quel “Guardare avanti con l’umiltà di chi è caduto. Imparare dagli errori. Rialzarsi. Agire. Il dolore di oggi è la grinta di domani”. Ora dalle parole (o meglio, dai claim) si dovrà essere bravi a resettare tutto e ridare soprattutto entusiasmo a un ambiente – quello dei tifosi – che ha saputo sempre rispondere presente nonostante tutto e che inevitabilmente finirà col raffreddarsi. Questa è una piazza che vive di basket. E ieri ha ricevuto uno schiaffo bello potente.

(da Citysport.news di lunedì 8 maggio 2023, credits ph. Pallacanestro Trieste)

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